Il nostro percorso attraverso le terre di Canossa iniziò dalla riva del fiume Secchia, nella provincia di Reggio Emilia, partendo dalla città di Castellarano, per continuare in successione toccando i comuni di Casalgrande, Scandiano, Quattro Castella, San Polo e Canossa; per un totale di 66 km di tragitto spalmati su un asse temporale di 6 h.
La Rocca di Castellarano edificata su di una collina, era inaccessibile allo sguardo dalla statale che stavamo percorrendo in auto, tangente il corso del Secchia e il Parco Naturale. Parcheggiammo nelle immediate vicinanze della piazza centrale del mercato e ci incamminammo verso la Rocchetta, la quale si ergeva in tutta la sua possenza protetta dalle mura difensive, le quali erano un baluardo contro i nemici. Entrammo dal portale, che un tempo era chiuso da un ponte levatoio, ed accedemmo al borgo ancora oggi abitato, salimmo lungo la strada che conduceva alla volta della torre dell’orologio e del castello, quest’ultimo a tutt’oggi privato. Arrivati sulla sommità della collina, si aprì davanti ai nostri occhi uno spiazzo suddiviso in due parti, una adibita a prato e l’altra a piazza con pavimentazione a ciottolato. In direzione della balaustra muraria, si erge imponente la torre dell’orologio, a sinistra della piazza si trova il castello e alle spalle le absidi della chiesa romanica. Ci affacciammo alla balconata per ammirare il paesaggio, con le colline degli Appennini a fare da sfondo al quadro disegnato da un artista futurista. Continuammo il breve giro lungo le vie del borgo, per ammirare gli edifici in sasso e quelli adornati da arrampicanti dalle foglie multi colori.
Risaliti in auto, procedemmo alla volta del Comune di Casalgrande, a pochi minuti di marcia da Scandiano. Seguimmo le indicazioni per Casalgrande Alto, passando attraverso una serie di vie larghe appena solo per due autovetture; giungemmo al bivio indicato dal navigatore e salimmo alla volta del castello, giungendo ad un parcheggio laterale, ma continuammo comunque a proseguire la via sino ad arrivare alla curva per entrare nella corte del castello, il quale ovviamente era chiuso e non c’erano indicazioni al riguardo, per sapere se fosse o meno aperto al pubblico. Ciò che resta del castello è il torrione dal quale si accedeva alla corte interna, le torri laterali e una sezione di corpo in laterizio, che mette in comunicazione le torri ed il torrione. Scattammo qualche foto per fissare nelle nostre menti questo rudere abbandonato alla sua sorte e ripercorremmo a ritroso la strada percorsa, per poi proseguire in direzione di Scandiano, la terra del celebre Scienziato Naturalista Spallanzani, che fu il promotore e fondatore di tale scienza. Arrivati nelle vicinanze del centro, ci accorgemmo della presenza dello ZTL, per tanto molto accuratamente lo evitammo e parcheggiammo in una via laterale. La sensazione che si respirava era sicuramente di un centro cittadino ordinato e ben curato. Ci incamminammo alla volta della Rocca del Boiardo, la quale si presentava al visitatore con gli ultimi sfarzi ancora restanti, vittima di rifacimenti e destinazioni d’uso poco propense alla conservazione dell’edificio mai ultimato. Entrammo nella corte d’onore, la quale era stata da poco restaurata, dove potemmo ammirare i vecchi ornamenti del palazzo, rinvenuti sotto gli intonaci, mentre alcuni erano stati integrati in nuove opere murarie, così come gli archi e le decorazioni delle finestre. Per poter ammirare anche la facciata dal lato apposto, fummo costretti a seguire il perimetro esterno, in quanto in quel momento era in atto una cerimonia e per tanto i turisti non potevamo passare. Lungo il lato destro delle mura il passaggio era impossibilitato, in quanto non c’era la comunicazione fra il fossato e la strada, per tanto uscimmo dalla rocca e percorremmo le vie del centro cittadino, sino a giungere dalla parte opposta, dove l’edificio si affacciava sulle acque del fossato, mentre ora vi cresceva solo l’erba tagliata con cura.
All’interno della Rocca si accede mediante quello che un tempo era un
ponte levatoio, oggi edificato in laterizio. La facciata è incompiuta, e
l'effetto che suscita è quello di un bombardamento, ma ad ogni modo si
percepisce perfettamente come doveva presentarsi la Rocca ai tempi del
Boiardo Signore di Scandiano.
Seguimmo il perimetro delle mura, sino a
giungere alle vie dei negozi e immettendoci lungo la via che conduceva
verso il Museo Spallanzani, il quale si trovava adiacente all’ingresso
della Rocca. Ci fermammo in un forno a prendere qualcosa da mangiare e
seduti su di una panchina, all’ombra degli alberi collocati lungo la
piazza, ci fermammo a mangiare il pranzo frugale della giornata.
La meta successiva fu Arceto, un comune limitrofo a Scandiano, dove è
presente ciò che resta del Castello, il quale per una parte è di
proprietà del comune, quelo che identifichiamo come il piano nobile,
mentre la restante parte e il borgo sono di proprietà di privati, che ne
hanno ricavato una serie di abitazioni.
La parte di edificio che resta
ancora in piedi è solo un’ala, al cui interno si trova anche una
birreria, mentre attorno è stato ricavato un parco per bambini. Si
accede al borgo interno attraverso quello che un tempo era il ponte
levatoio, di cui restano solo le feritoie da dove passano le catene per
il movimento degli argani; all’interno dell'edificio si trova anche
l’oratorio di San Rocco. Ritornati all'auto impostammo sul navigatore la
nuova meta: Quattro Castella.
Il tragitto per giungere a Quattro
Castella fu più lungo dei precedenti, circa una ventina di minuti; qui
sorge il castello di Bianello, celebre per l’incoronazione di Matilde di
Canossa a Vice Regina d’Italia da parte dell’allora imperatore Enrico
V.
Il castello di Bianello sorge su una delle quattro colline che danno il
nome al comune, ed è anche l’ultimo dei quattro baluardi rimasto
integro ai giorni d’oggi, in quanto degli altri tre castelli sulle
adiacenti colline non restano che alcuni ruderi. Parcheggiammo accanto
alla Parrocchia di Sant’Antonino Martire, oltrepassammo la strada, e ci
trovammo davanti all’ingresso del Parco del Castello, dal quale si
poteva già intravedere la torre sbucare oltre la vegetazione; seguimmo
la strada sterrata che si dilungava come un serpente sino alla prima
boscaglia, per scomparire successivamente al suo interno. Salimmo verso
la sommità del monte, protetti dalle fronde rigogliose degli alberi;
arrivati però dinanzi all’entrata del castello, purtroppo trovammo una
brutta sorpresa, il maniero era chiuso e non potemmo fare altro che
ammirare quel poco che si vedeva attraverso la ferrosa griglia del
cancello, mentre tutt'attorno le mura proteggevano dalla vista degli
incauti visitatori.
Un po’ sconsolati scendemmo e tornammo verso
l’auto per fare tappa verso il comune di San Polo; percorrendo la strada
fuori il paese, ecco che la vista sui campi di Quattro Castella iniziò
ad aprirsi in un suggestivo paesaggio, sul cui sfondo troneggiavano le
quattro colline una in fila all’altra, come guardie armate pronte a
fronteggiare il nemico.
San Polo era al tempo Medioevale un punto
infuocato, incrocio di vie commerciali e di viandanti, oltre che di
eserciti sempre in lotta fra loro, in quanto era il primo avamposto
sulle terre di pianura, prima dei territori Appenninici, per tale
ragione il castello era stato fortificato e protetto da grandi mura
difensive circondate da fossato e torri, all’interno delle quali si
accedeva solo attraversando il ponte levatoio, oggi non più presente,
del quale resta un portale adornato con un arco, libera dai battenti,
sopra la quale si trova oggi anche l’orologio. Il borgo all’interno è
stato convertito in ambienti civili come negozi e abitazioni, mentre in
quel che resta del castello si trova oggi la sede del Comune di San
Polo, poco sotto la scalinata si trova l’Opera Moderna inneggiante alla
Resistenza della II Guerra Mondiale, realizzata dall’artista Graziano
Pompili chiamata “Gigante Caduto”.
Ultima Tappa del tour fu Canossa.
Ecco finalmente la salita verso le colline dell’Appennino, dove fra
tornanti e panorami, la mente spazia e si dimentica della città caotica.
Dopo qualche minuto l’altitudine è già a un buon livello per poter
ammirare la sottostante Val d’Enza, mentre dalla parte opposta su due
promontori, l’una di fronte all’altra, si stagliavano: il Castello di
Rossena e la torre di Rossenella, come a segnare l’ingresso verso il
regno della grande Matilde. Parcheggiammo a ridosso della strada, in uno
spiazzo dal quale si dipartiva la strada in sasso che saliva verso il
castello. Giunti ai piedi del celebre maniero ci rendemmo conto della
sua grandiosità, protetto da tre cinte murarie per respingere i colpi
del nemico e poter comunque contrattaccare, disseminando panico fra le
truppe avversarie. Oggi questo Castello è di proprietà privata, per
tanto le visite sono da programmare per tempo, tuttavia si accede al
parco antistante l’ingresso, dal quale si può ammirare il panorama degli
Appennini e volgere lo sguardo senza confine oltre la linea
dell'orizzonte. In prospettica opposta si trovava la torre di
Rossenella, un altro baluardo contro gli attacchi nemici, oggi recintata
e protetta dalle erosioni del tempo. Il nostro percorso Matildico
termina qui, con lo sguardo rivolto alle colline attorniate da una
leggere nebbiolina, mentre ancora qualche raggio di sole ci scaldava la
pelle, e il pensiero volava alla grande forza di donna temeraria,
Matilde, che seppe fronteggiare i tempestosi Imperatori del nord,
utilizzando astuzia e grande fede. La prossima tappa sarà quella verso
il Castello di Canossa, per poter ammirare i ruderi di quello che fu il
tempio Mtildico, oggi restaurato e portato a nuova luce.
ITINERARI MATILDICI
Il sentiero di Matilde inizia dal fiume Enza e sale fino ai catelli di Canossa e Rossena, per continuare successivamente lungo la linea dell’Appennino Reggiano toccando i comuni di Carpineti, dove sono ancora visibili i ruderi del castello, per dirigersi successivamente verso il crinale al Passo delle Forbici. Lungo questa via sono presenti diverse attrazioni naturali, come le sorgenti sulfuree e il ponte a schiena d’asino di Cadignano.
Sono 4 i sentieri di Matilde tra i quali scegliere:
1) Percorso
- Toano, Frale, Fonti di Quara, Cadignano, Campolungo, Case Rossi, Morsiano, Mulino, Fontanini, Gazzano (6 ore).
2) Percorso
- Gazzano, Case Stefani, I prati, Civago, Case del Dolo, Passo delle Forbici (4.30 ore).
3) Percorso
- Ciano d'Enza, Rossena, Canossa, Bergogno, Monchio dei Ferri, Castello di Sarzano, Casina (6 ore).
4) Percorso
- Casina, Migliara, Branciglia, Badia di Marola, Sorchio, Cigarello, Riana, Carpineti, Castello, S. Caterina, Colombaia, Stiano, Manno, Toano (8 ore).
STORIA DI MATILDE - VICARIA IMPERIALE E REGINA D'ITALIA
Matilde di Canossa fu una grande sovrana, fu colei che riuscì a riappacificare le due figure più importanti del Medioevo: l’imperatore e il Papa, i quali erano entrati in conflitto per il controllo dei territori governati dal pontefice.
Il regno di Matilde si estendeva dal nord Italia, comprendendo le attuali regioni della Lombardia - Emilia Romagna, scendendo sino in Toscana. Fu incoronata nel 1111 Vicaria Imperiale Vice Regina d’Italia, direttamente dall’imperatore Enrico V. Il fulcro del regno di Matilde era Canossa, una roccaforte costruita sull’Appennino Reggiano.
Matilde sposò in prime nozze Goffredo il Gobbo, sotto un pre-contratto matrimoniale al fine di rafforzare la casata, ma Goffredo morì qualche ano più tardi nel 1076, senza lasciare eredi.
Nel frattempo nel 1073 salì al soglio pontificio Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV si preparò ad un’ascesa con le sue truppe verso la penisola italica, allorché il papa decise per la scomunica dell’imperatore. La situazione era sfuggita di mano a Enrico IV il quale dovette cercare di ricucire la frattura con il pontefice, decise quindi di scendere in Italia per ottenere il perdono. Per tanto si diresse presso Canossa nell’Appennino Reggiano, dove Gregorio si trovava in visita a Matilde. Giunto davanti al portone d’ingresso del castello, dovette attendere per tre giorni prima che il pontefice decidesse di incontrarlo, riappacificando gli animi e la situazione politica.
Nel 1080 l’imperatore convocò un concilio a Bressanone, con il quale fece deporre il papa e bandire dal regno Matilde, ma la gran duchessa non si diede per vinta e nel 1084 riuscì a contrastare le truppe imperiale nel campo di battaglia di Sorbara.
Nel 1088 Matilde dovette prevenire ogni mossa da parte dell’imperatore e decise di sposare il giovane Guelfo V erede della corona di Baviera, ma il matrimonio fu di breve durata, a causa dell’impotenza del giovane, che fu cacciato dal regno.
Nel 1092 l’imperatore tentò nuovamente l’assedio a Matilde, il primo terreno di scontro fu presso Mantova, ma la gran duchessa dovette ritirarsi verso i suoi castelli sull’Appennino Reggiano, dove la cerchia di rocche formava un avamposto inespugnabile per ogni nemico, rivelandosi una mossa vincente, in quanto l’esercito imperiale, anche se temuto e in gran numero, non poté resistere a lungo in quei luoghi tanto diversi da quelli conosciuti presso le sconfinate pianure. Questa vittoria sancì nuove alleanze, molte città del nord si allearono con Matilde, tra le quali: Milano, Lodi, Cremona e Piacenza. Enrico IV morì nel 1106, il successore fu il terzogenito Enrico V il quale come il padre ispirava ai territori della chiesa, ma questa volta Matilde dovette osservare i servigi del nuovo imperatore, chiudendo quindi una disputa ora mai infinita, lo stesso imperatore a Bianello incoronerà Matilde nel 1111 Vicaria Imperiale – Vice Regina d’Italia.
Matilde morì di gotta nel 1115 senza eredi, per tanto il suo regno venne smantellato e redistribuito fra le varie casate, molti dei castelli furono distrutti o danneggiati gravemente, trasformati in palazzi o residenze civili.
La salma di Matilde fu da prima sepolta a San Benedetto Po, traslata in un secondo tempo a Castel Sant’Angelo nel 1633 per volere dell’allora pontefice Urbano VIII e nel 1645 fu portata a San Pietro dove riposano anche la Regina di Svezia e Maria Clementina consorte di Edoardo Stuard, queste sono le uniche donne che ricevettero l’onore della sepoltura in San Pietro. La tomba di Matilde fu realizzata dal Bernini con l’effige di “Onore e Gloria all’Italia”.
I CASTELLI MATILDICI
I castelli e le Rocche di Matilde di Canossa sono un esempio di fortificazione a multilivello, ovvero questi edifici si trovavano lungo un asse che dalla prima pianura salivano di altitudine verso l’interno dell’Appennino, partendo dalla Val di Taro a Ovest e lungo il corso del Reno ad Est, questo permetteva agli avamposti di avvistare che il nemico giungendo dalle regioni pianeggianti si avvicinava ai confini. Tali costruzioni erano edificati su alture non facili da raggiungere, a questo si univa la strategia e tattica militare che permetteva di ingannare il nemico, affinché volgesse le spalle alle truppe che giungevano a rinforzare le fila della delle armate matildiche e in un sistema a tenaglia, lo si convogliava lungo la valle racchiusa dai fianchi scoscesi degli Appennini, dove poter attaccare dandogli il colpo di grazia.
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