I Borghi Storici del Ducato di Piacenza

Da Castell'Arquato a Vigoleno

Arrivati a Castell’Arquato si oltrepassa il ponte sul fiume Arda e si giunge al parcheggio gratuito posto sulla sinistra della strada, sul quale si affacciano bar e negozi, oltre alla scuola, la quale si trova all’interno di un palazzo novecentesco. Da qui si giunge alla piazzetta antistante, dalla quale si accede al Viale della Rimembranza, il quale può essere paragonato ad una galleria in muratura, con la volta realizzata da rami intrecciati. Salendo una scalinata si giunge al Torrione Farnesiano, acconto al quale si erge il Palazzo del Duca, attorniato da edifici civili, in un abbraccio dal sapore antico. Udimmo un rumore di zampilli d’acqua, ma lo sguardo non vedeva alcuna fonte davanti a noi, avanzammo di pochi passi e avvicinandoci alla scalinata, adiacente il Palazzo del Duca, notammo che al di sotto di qualche metro si trovava la fontana ad otto cannule metalliche adornate con effigi di animali. L’acqua che fuoriusciva si incanalava in un segmento in pietra lungo il perimetro del piano, per poi scomparire dentro alle caditoie. Il Palazzo del Duca è stato restaurato e al suo interno oggi si trovano un antiquario e abitazioni private. Continuammo a seguire la strada ciottolata e arrivammo in un piccolo spiazzo, dal quale intravedemmo l’ingresso al borgo di Castell’Arquato. Salimmo lungo la strada sovrastante incastonata fra le abitazioni e un basso parapetto in cemento e ci indirizzammo verso le mura del maniero. L’ingresso era permesso attraversando un’arcata, sopra la quale si ergeva il primo baluardo difensivo, oggi adattato ad abitazione con finestre ad archi a sesto acuto, culminanti con una decorazione a merlature.

Borgo di Castell'Arquato
Rocca Viscontea Castell'Arquato
Collegiata di Castell'Arquato

Continuammo la salita lungo la strada, che piano piano diveniva sempre più stretta, sino a quando davanti a noi si aprì l’immagine del castello, mentre lungo il viottolo si susseguivano abitazioni storiche di notevole rilievo architettonico, con decorazioni e porticati, realizzati in pietra e finestra a sesto acuto. Arrivati alla sommità, sulla destra si aprì la piazzetta principale, ove oltre all’imponente castello si affacciavano: il Palazzo Pretorio e le absidi della Collegiata di Santa Maria, oltre al palazzo del Comune cittadino. Entrammo nel piccolo giardino a ridosso del ponte levatoio e seguimmo la cinta muraria, osservando il paesaggio oltre la collina, verso la vallata sottostante. Percorremmo il sentiero attraverso le aiuole e giunti alla fontana, seguimmo le indicazioni per la Collegiata. Sbucammo dalla parte opposta alla piazza, davanti all’ingresso della chiesa. La facciata semplice e spoglia della Collegiata di Santa Maria sembrava quasi fosse stata trafugata delle sue bellezze e lasciata alle intemperie, mentre ben visibili erano i buchi dei travetti dell’impalcatura usata durante la costruzione dell’edificio in epoca medioevale. Lungo il lato destro si stagliava il porticato, il quale si apriva sulla piazza attraverso una serie di archi poggianti su colonne culminanti in capitelli, i quali sorreggevano le capriate del soffitto. Da questa suggestiva cornice si ammira il palazzo dei Pretori, con la sua struttura architettonica a strati, a seguito dei rimaneggiamenti avuti durante i secoli, come la tettoia della scalinata. L’edificio si compone di una serie di logge, sia a piano terra, che all’ultimo piano, quest'ultimo culminante con la decorazione a merlature, mentre sulla facciata spiccano le decorazioni ad archi a sesto acuto delle finestre. Continuammo a seguire le stradine del borgo, dove la quiete era interrotta solo dal passaggio delle auto. Passammo di fronte alla dimora di Luigi Illica, dove tutto sembrava essere congelato al tempo del compositore di scena. Giungemmo in fine di fronte al museo Geologico, accanto al quale si trova un piccolo parco dominato da imponenti alberi dalla folta chioma.
Tornando verso le mura d’ingresso del borgo, ci accorgemmo che sul soffitto del portale d’ingresso era affrescata l’immagine di San Giorgio intento ad uccidere il drago.

Percorremmo il percorso a ritrosp verso l’auto e continuammo il nostro giro turistico in direzione di Vigoleno, a 8 Km di strada sulle colline Piacentine, lungo il versante opposto a Castell’Arquato, immerso nel Parco dello Stirone. La strada si snodava fra tornanti e asfalto sbriciolato, tuttavia l’immagine che si stagliava davanti ai nostri occhi era valsa la pena, in quanto arrivati sulla collina opposta, potemmo ammirare l’immagine di Castell’Arquato avvolto nella foschia dei suoi misteri, regalando sensazioni da film. Una volta oltrepassata la collina, la strada discendeva lungo un percorso franoso, un tragitto poco romantico, dove è facile incontrare anche mezzi agricoli. Arrivati a Vigoleno parcheggiammo l’auto nel posteggio gratuito poco prima dell’ingresso alla rocca. L’impianto del borgo si apriva su di una piazza pedonale, che permetteva di ammirare in tutta la sua possenza la cinta muraria del borgo e le torri che si innalzavano verso il cielo come sentinelle a presidio della rocca. Varcammo l’ingresso sul lato sinistro attraversando il portale ed entrammo in un piccolo cortile transitorio, dal quale si accedeva al secondo ingresso che immetteva all’interno del borgo.

Piazza di Vigoleno
Pieve di San Giorgio - Vigoleno

La pavimentazione era in ciottolato e ricopriva tutta la piazza e le vie che da essa dipartivano. Al centro dello spazio era collocata la grande vasca della fontana, nella quale nuotavano grossi e rigonfi pesci rossi, mentre sui quattro lati si affacciavano: il Mastio collegato alla torre e alla residenza Signorile, la cisterna che sbucava dal basamento della piazza in una semi cupola, mentre decentrata rispetto alla piazza era la Pieve di San Giorgio.
La Pieve di San Giorgio aveva un interno buio e silenzioso, che invitava i fedeli al raccoglimento con la propria spiritualità; la luce filtrava attraverso delle feritoie, permettendo di ammirare le tre navate sorrette da colonne adornate da capitelli, sulle quali poggiavano gli archi che sorreggevano la volta. Passammo dietro alla torre campanaria proprio mentre iniziarono a rintoccare le campane, diffondendo il loro suono in tutto il piccolo borgo e la vallata circostante, come un richiamo di attenzione e di osservanza all’ordine religioso. All’ora di pranzo le piccole viuzze erano deserte, si aggiravano solamente i gatti in cerca di cibo. Arrivati in fondo alla stradina il percorso era terminato, in quanto l’abitato era una concentrazione di case addossate l’una sull’altra, quasi a stringersi in un abbraccio. Potremmo descrivere questa atmosfera come atipica, caratteristica di luoghi immersi nel profumo della storia e degli eventi iscritti fra le pagine dei libri.