Appennino

Tosco -Emiliano

Percorso da Vignola alla Val di Luce

Vista del Cimone

Decidemmo di trascorrere una giornata all'interno del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano, fra le province di Modena e Pistoia, attraversando i piccoli borghi montani, che regalo ai turisti scorci di un tempo ormai lontano. Per molte realtà montane questi restano solo ricordi, in quanto la gran parte delle località di questi monti è quasi disabitata durante l’anno, ma tornano a rivivere solamente durante il periodo estivo ed invernale, quando gli impianti sciistici ripartono e le seggiovie portano in quota i turisti.
Partiamo da Vignola e percorriamo la Strada Statale 4, che conduce attraverso il comune di Marano sul Panaro, immettendoci sulla strada Fondovalle che costeggia il fiume Panaro e proseguiamo in direzione di Fanano, arrivando ad un bivio con le indicazioni: Fanano- Trentino e Poggioraso-Sestola.
Seguiamo la strada a destra ed iniziammo a salire il primo crinale arrivando a Sestola. Da qui il tragitto ci condusse lungo la SS 324, passando per il centro di Montecreto, dominato dal campanile edificato su un’altura, il quale un tempo era parte integrante della fortificazione di un castello, ora tale edificio militare non è più presente, sulle sue fondamenta oggi si trova la chiesa intitolata a San Giovanni Battista, al cui interno sono conservate opere del ‘500, provenienti anche da altri luoghi religiosi andati sconsacrati o distrutti. La chiesa presenta un portale sorvegliato da una coppia di Leoni stilofori, all’interno si trova il fonte battesimale e il pulpito realizzati nel XVI sec.
Oltrepassiamo il paese e discendiamo sino ad arrivare al fiume Scoltenna, da qui è possibile ammirare il Ponte dei Leoni (loc. Strettara), il quale fu edificato nel ‘700 a sostituzione di un precedente ponte medievale andato distrutto, la denominazione dell'architettura è data dai quattro leoni posti agli estremi della costruzione.
Costeggiamo il fiume Scoltenna sino a giungere al comune di Riolunato, questo centro montano durante l’epoca medioevale e il '500 fu estremamente importante per le vie del commercio, da qui infatti passa la Via Vandelli, realizzata dagli Estense per collegare la città di Modena a quella di Massa in territorio Toscano lungo la fascia Tirrenica. La strada storica parte da Modena attraverso la Via Giardini passando per la Valle del fiume Dragone e del fiume Secchia, arrivando al Passo delle Cento Croci, sul passo si trova a poca distanza anche una cappella votiva ottocentesca.
Continuiamo a percorrere la SS 324 giungendo a Pievepelago, dove si trova la sede del Parco Regionale dell’Appennino Modenese, i confini del territorio comunale si estendono fino alla dorsale Appennina Toscana. Sul territorio comunale si trova il famoso lago Santo Modenese (1500 m. s.l.m.) ha una lunghezza di 550 metri e una profondità di 16 metri, le sue acque che riempiono l'invaso giungono dalla cascata dei Celti, la quale nasce fra le vette del M.Giovo e del M.Rondinaio, questa località è meta ogni anno di migliaia di turisti non solo per escursioni, ma anche per arrampicate in quote, grazie alla palestra di arrampicata naturale fornita dalla falesia dei Celti. Al di sopra del lago si trova una terrazza denominata “Borra dei Porci” posta sul Monte Giovo, sulla quale scorre un rigagnolo d’acqua. Le escursioni sono possibili durante tutto il corso dell'anno, ovviamente in inverno l'attrezzatura principale è la calzatura, la quale deve essere seguita o da una racchetta da neve, oppure dallo sci, in quanto la neve su questo versante può anche oltrepassare il metro di altezza, ma ciò che più diventa pericoloso sono i laghi, i quali si ghiacciano e bisogna prestare la massima attenzione a non camminare sulle zone di apertura, ovviamente per non cadere nelle acque gelide, è per questo che in certe gite è bene avere una guida.

Nella vicina località Roccapelago di Pievepelago si trova il castello appartenuto a Obizio da Montegarullo, dove è ospitato il Museo Medioevale, ma cosa ancora più interessante sono i ritrovamenti che sono avvenuti a seguito del restauro di alcune sale, in quanto hanno portato alla luce di alcune mummie medioevali.

Continuammo a percorrere la nostra strada, passando attraverso Ponte Modino, sino a giungere al nostro primo traguardo: il Comune di Fiumalbo, il cui centro è circondato dalle acque di tue corsi d’acqua; questo comune ha ricevuto la “Bandiera Arancione” dal Touring Club a seguito della sua rivalutazione ambientale e turistica.
Arrivati nella cittadina ci si trova subito sulla destra l’Oratorio quattrocentesco di San Rocco, edificato in stile Rinascimentale, il quale è ricavato all’interno di quella che potrebbe sembrare una vecchia fornace, con il tetto spiovente in arenaria, con la facciata in pietra. Si discendono due gradini e ci si ritrova all’interno dell’oratorio con pavimento in coccio e affreschi cinquecenteschi sulle parete, l’immagine principale è quella della Madonna con Bambino nell’affresco realizzato nella parete davanti l’ingresso, al di sotto della Vergine si trovano le figure di santi: San Bartolomeo, San Rocco; San Sebastiano e San Giovanni, mentre nel mezzo è posta la figura di Maria Maddalena avvolta dai suoi lunghissimi capelli dorati. Al centro della volta è raffigurato il padre celeste, mentre lungo il pianale degli affreschi si susseguono una serie di citazioni.
Usciamo dalla cappella e ci incamminammo verso la piazza principale, lungo la via sulla sinistra si trova l’oratorio seicentesco di Santa Caterina, che oggi ospita il museo di Arte Sacra, mentre nello spiazzo poco più avanti, si affaccia la chiesa di San Bartolomeo, la quale presenta un impianto preesistente risalente al XIII sec. , ma fu riedificata nel ‘500. La facciata fu decorata con un protiro suddiviso da mensole, l’interno è composto da tre navate sorrette da colonne monolitiche e soffitto a cassettoni, mentre ai lati si aprono le cappelle votive. La chiesa custodisce un ricco patrimonio di arredi e paramenti sacri, fra cui una croce d’argento del ‘400, con una complessa cesellatura scultorea. Di fronte alla chiesa di San Bartolomeo si trova la chiesa dell’Immacolata Concezione, denominata anche “Dei Bianchi”, per via della confraternita guelfa che la realizzò, l’edificio cinquecentesco fu rimaneggiato nell’800 e riportato a nuova vita dopo un periodo di decadenza. Alzando lo sguardo in direzione della sommità della collinetta, si può notare una costruzione fortificata, quella che un tempo era il castello di Fiumalbo, oggi residenza privata, il quale si compone di una torre e del corpo centrale che doveva essere la sede degli alloggi del signore. Longo le stresse vie del centro si affacciano le vetrine dei piccoli negozi dediti alla vendita dei prodotti della montagna e di abbigliamento.
Proseguendo verso Doccia (direzione Cimone), si possono ammirare le famose capanne celtiche, ovvero le case con il tipico tetto composto da pietre di arenaria e pareti costruite in sasso e malta.

Da Fiumalbo riprendiamo il percorso in direzione dell’Abetone lungo la SS12, arrivando nel territorio della provincia di Pistoia all’interno della Val di Luce, qui durante l'inverno gli impianti sciistici e di risalita funzionano a pieno regime, grazie anche a tutto il complesso ricettivo che popola la vallata composto da una schiera di Hotel e Resort Spa. Questa Valle è conosciuta anche per i suoi laghetti, che durante lo scioglimento delle nevi riprendono vita (era per questo motivo che fino ai primi del ‘900 era denominata Valle delle Pozze), assieme alla natura e ai colori che invadono tutta la vallata. Su questa conca si affacciano due importanti vette montuose: Alpe Tre Potenze (1940 s.l.m.) e Monte Gomito (1892 s.l.m.), si pensa che da questa valle passò il condottiero Annibale, assieme alla sua schiera di uomini, ed il passo fra la Val di Luce e le mura del Monte Giovo e Rondinaio porta oggi il suo nome.

 
Fiume Scoltenna
Rocca Pelago
Modino - Fraz. Pievepelago
Chiesa dei Bianchi - Fiumalbo
Castello di Fiumalbo
Chiesa S.Bartolomeo Fiumalbo
Campanile S.Bartolomeo
Val di Luce - Abetone (PT)
Santuario del Monticello
Piane di Mocogno
Ponte del Diavolo - Olina
Castello di Montecuccolo
Pieve di Renno

La Val di Luce è una composizione artificiale, i cui lavori iniziarono nei primi anni del ‘900, a seguito di un'intuizione turistica che aveva iniziato a prendere piede nelle alte vallate Alpine, pertanto si decise di realizzare un gigantesco impianto sciistico, purtroppo i lavori furono interrotti a seguito del secondo conflitto mondiale e ripresi solamente nella seconda metà del XX sec. completando un opera mastodontica, anche se oggi si può notare come rimanga visibile una cicatrice immensa per il disboscamento feroce dell'uomo.

Decidemmo di sostare l'auto e fare una breve escursione lungo gli impianti di risalita fermi in manutenzione, da qui potemmo ammirare gran parte della vallata circostante e delle vette che ne erano a guardia, come soldati impassibili fieri e maestosi; potemmo assaporare i profumi dei mirtilli e dei pini.
Proseguimmo il nostro tragitto e discendemmo alla volta di Rotari (frazione di Fiumalbo), in successione verso Tagliole, arrivando al Santuario del Monticello, dove optammo per uno stop per pranzare al sacco (pic-nic). Visitammo il santuario del Monticello, il quale si affaccia sulla vallata sottostante, attorno al quale si apre il giardino con prato all’inglese, decorato qua e là da fiori e anfore. La facciata è composta da un portico sorretto da colonne, sormontato dall’immagine della Vergine con il Bambino. Il complesso fu ristrutturato sul finire del XX secolo, per l'inaugurazione dell'anno giubilare. L’interno del santuario è composto da un’unica navata, la quale termina con un’abside decorata con i miracoli avvenuti grazie alla Madonna, sormontata da un soffitto ligneo.
Purtroppo non potemmo fermarci per consumare il nostro pranzo, in quanto l’area da pic-nic era interdetta ai pellegrini, o meglio una serie di messaggi contradditori invitavano i viandanti a non fermarsi nel prato, a non calpestare l’erba e a non consumare cibi e bevande, però c'erano i tavolini e le sedie, quindi cos'erano solo per abbellimento? Di conseguenza risalimmo in macchina alla volta di un luogo più consono al nostro ristorno. Ritornammo verso Pievepelago, fermandoci nella frazione di Modino dove discendendo lungo la strada adiacente l’omonimo ponte, arrivammo nell’area pic-nic del fiume Scoltenna.


Terminato il nostro momento di ristoro, riprendemmo i nostri zaini e saliti in macchina ci dirigemmo alla volta del Castello di Roccapelago.
Il panorama che si gode dal parapetto del castello è una meravigliosa cartolina sull’Appennino, sul quale regna incontrastata la vetta innevata del Monte Cimone.
L’edificio fu costruito sullo strapiombo del Monte Rocca, all’interno della cui roccia si trovano diverse grotte e cunicoli. Gli insediamenti su di questo monte risalgono al Neolitico, la storia della nascita della cittadina è ancora incerta, ma il nome Pelago fu redatto in alcuni documenti scritti a partire dal VIII sec. d.C.
La rocca che si erge sopra la città fu edificata nell’anno Mille e divenne di proprietà dei Montegarullo nel XIII sec. Il castello subì nei secoli diversi attacchi, l'ultimo dei quali da parte della famiglia d’Este, le cui truppe capitanate da Uguccione Contrari riuscì a catturare il signore Obizzo di Montegarullo, consegnando il castello in mano agli Estense. La chiesa, che oggi si erge sulla rocca abbandonata, fu edificata nel XVI sec., mentre il campanile a pianta quadrata è di due secoli più tardi, alle spalle di questi due edifici si trova il cimitero cittadino. Durante i lavori di restauro furono trovati i corpi mummificati in modo naturale di alcuni abitanti del luogo, circa una cinquantina. I corpi sono stati ritrovati nella cripta perfettamente integri. Tale ritrovamento ha dato la conferma che sotto la chiesa era stato ricavato un vano cimiteriale, dove sono stati riesumati più di 200 corpi, fra cui anche bambini. Oggi i corpi Mummificati si trovano al Museo Antropologico di Ravenna, mentre gli abiti e gli oggetti ritrovati sono ora presso i Musei Civici di Modena per il restauro. Oggi le sale del castello ospitano un Museo intitolate “ Sulle Orme di Obizzio Montegarullo”.
Risalimmo in macchina percorrendo la SS12 passando per la frazione di Serpiano del comune di Riolunato, a seguire quella di Barigazzo e Santone. Poco dopo la strada iniziò la discesa verso la pianura, con le indicazioni verso le Piane di Mocogno. Giungemmo in questo immenso spiazzale pianeggiante, dove al centro era stata eretta una chiesa in legno, con un richiamo tipico alla semplicità e all’essere essenziale, mentre tutt’attorno si susseguivano una serie di edifici realizzati nella seconda metà del ‘900, i quali non godevano di ottima salute e soprattutto l’impatto visivo era quello che ne soffriva maggiormente, dietro queste costruzioni si trovava la seggiovia e gli impianti sciistici. Questa era l'essenza di una località creata negli anni '70 esclusivamente per esigenze turistiche; ci fermammo solamente per prendere un caffè, per riprendere la marcia lungo la SS12, passando per Lama Mocogno, decidendo di fare una breve sosta presso il “Ponte del Diavolo” sul fiume Scoltenna, in località Olina. La discesa al fiume fu ripidissima, tanto che in men che non si dica eravamo giunti a destinazione, ma vista l’ora tarda del pomeriggio era un’impresa poter trovare da parcheggiare, in quanto i bagnanti della montagna avevano preso d’assalto le rive del fiume, oltre alla piscina attrezzata realizzata a ridosso del torrente. L'angolo fotografico era suggestivo con l'inquadratura principale dedicata tutta al “Ponte del Diavolo” realizzato in pietra con fornice a tutto sesto, sulla cui sommità si ergeva un piccolo portico, attorno al quale gli elementi della natura facevano da sfondo: il fiume con le sue acque fresche, gli alberi con le loro chiome protese al sole, mentre a chiudere il quadro compositivo era il Castello di Montecuccolo incastonato fra le vette, adiacente il quale si trova il borgo medioevale. Oggi il castello di Montecuccolo è di proprietà del comune di Pavullo, il quale dal 1970 avviò i lavori di restauro e rivalutazione del maniero.
Dopo questa breve sosta riprendemmo la marcia alla volta della frazione di Renno (Comune di Pavullo), dove sorge l’omonima Pieve romanica. La Pieve di Renno presenta una classica facciata a capanna edificata in pietra, nella quale sono state ricavate tre finestre sfalsate, sotto le quali si trova il semplice portale con battenti lignei. Le sue origini risalgono al XII sec. , ma durante nel ‘700 subì una serie di modifiche non solo interne, ma anche esterne, come il rifacimento della facciata e del campanile. L’interno è suddiviso in tre navate sorrette da pilastri, culminanti in un abside, sormontate da un soffitto legno decorato; note artistiche importanti sono l’acquasantiera e il seicentesco fonte battesimale. Sulle pareti sono ancora visibili le tracce degli affreschi che un tempo decoravano le pareti interne della pieve. Le cappelle laterali risalgono al XVI sec., dove riposa la salma del conte Montecuccoli.
Restammo per qualche tempo in contemplazione all’interno dell’edificio sacro, per poi discendere definitivamente a valle, passando da Verica, arrivando a Marano sul Panaro ed in fine a Vignola.