Il nostro tour prosegue da Arezzo, all'interno della regione Toscana, verso le terre Laziali, per giungere verso Civita di Bagnoregio. Leggi anche il percorso precedente >>
La mattina seguente ci svegliammo di buon ora per poter fare colazione e decidere se affrontare o meno le due ore di macchina per recarci a Civita una frazione del comune di Bagnoregio.
Alla fine la decisione fu presa; proseguimmo lungo l'autostrada in direzione di Orvieto, dove uscimmo alla volta delle colline umbro – laziali. Il tragitto si snodava fra le curve a gomito, tornanti stile formula uno e pazzi scatenati che scendevano come se fossero al rally di Montecarlo. Arrivati a Bagnoregio lasciammo la macchina nel primo parcheggio disponibile, a ridosso della zona del “bel vedere” da dove dipartiva il sentiero per il borgo Medioevale, lungo il quale ammirammo il panorama fiabesco, dove al centro di tutta lascena troneggiare la cittadina arroccata sulla cresta di roccia, alla quale ci si accede solamente mediante un ponticciolo, che collegava le due cittadine: il passato con la modernità. Camminare su quel ponte non è facile per chi soffre di vertigini, in quanto la sensazione del vuoto sottostante si percepisce come una caduta imminente. La cuspide rocciosa sulla quale la città era stata creata si ergeva alta nel mezzo della vallata e giungere alla porta d'ingresso fu per molti un gran sollievo, mentre dietro di noi un piccolo trattorino stava arrancando a passo d'uomo con relativo rimorchio sul quale erano caricati grossi vasi in ceramica e sacchi di ogni tipo, solo quel mezzo meccanico prendeva tutta la larghezza del ponte. Fu impressionante vedere come la gente del posto si muova con estrema semplicità in strade tanto piccole e scoscese, senza nemmeno battere ciglio per l'altitudine. Qui ovviamente le auto non ci sono, sarebbe come vederle in giro per Venezia!!
Con l'appellativo "città che Muore" si è voluto rimarcare la questione dell'erosione costante di questo promontario da parte dei due fiumi sottostanti e che gli abitanti residenti durante tutto il corso dell'anno, eccetto i turisti, sono pochissimi, pertanto il villaggio è pressoché disabitato durante la stagione invernale. Valicammo la porta d'ingresso alla città vecchia intitolata a Santa Maria, ove ai lati i bassorilievi dei leoni alati guardavano il visitatore ammonendoli con lo sguado, mentre fra gli artigli stringevano una testa umana. Il percorso all'interno della pietra ci condusse in uno spazio ampio ed ordinato, attorniato dai colori caldi dell'ocra elemento inconfondibile della pietra delle abitazioni locali, abbellite da una ricca vegetazione in vaso, sia dinanzi i portoni, che sulle finestre. la passeggiata di condusse in piazza San Pietro ove l'elento che cattura la vista è la chiesa intitolata a San Donato e dell'adiacente campanile, le forme stilistiche semplici sono trasmesse anche all'interno del tempio, suddiviso in tre navate sorrette da colonne sulle quali poggiano archi a tutto sesto.
Attraversando le viuzze arrivammo al giardino delle grotte, indicatoci da una anziana signora seduta al sole del caldo meriggio. Le grotte erano cavità scavate nella roccia viva, dove un tempo si praticavano i mestieri, come la ferratura del cavallo o l'affilamento dei coltelli, tutto a strapiombo sulla scarpata, roba da far venire le palpitazioni al cuore!!!
Scendemmo nuovamente lungo il ponte sospeso, questa volta con maggior fermezza e con pochi indugi camminai a passo svelto, cercando di non pensare ne cosa c'era sotto di me e neppure ai lati. Tornammo alla macchina e ci avviammo verso Bolsena attorniata dall'omonimo lago.
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