COMUNE DI SABBIONETA

La città di Sabbioneta sorse nel XVI sec. grazie a Vespasiano Gonzaga, cugino dei Duchi di Mantova. Vespasiano scelse questo territorio alluvionale posto fra le rive del fiume Po e Oglio, in quanto era strategicamente un punto di comunicazione della pianura Padana, fra i ducati di Parma e Mantova. Sabbioneta fu fortificata da mura e baluardi possenti attorniati da un fossato. Vespasiano era un celebre stratega, per tale ragione fu da sempre molto temuto in battaglia, ma era anche un amante della cultura e del sapere, per tanto lasciò un testamento alla figlia nel quale chiedeva di trasportare tutti i volumi della biblioteca da palazzo Ducale al monastero della città, affinché si potesse realizzare il suo sogno: la costruzione della prima biblioteca pubblica. Purtroppo questo sogno non si poté realizzare, in quanto i volumi furono presto dispersi per la stessa negligenza dei frati, che vendettero parte della collezione e alcuni volumi andarono distrutti.
Vespasiano oltre alle doti di condottiero e letterato, era anche un impeccabile architetto, di fatti Sabbioneta nacque da una sua espressione architettonica, seguendo i canoni Rinascimentali dell’epoca, su impronta della città utopica, ispirandosi alla città eterna di Roma. Ci vollero circa 35 anni per concludere la realizzazione della sua città fortezza, riuscendo anche ad innalzarla al rango di Ducato, grazie alla sua potente amicizia con il Re di Spagna,  il quale lo nominò viceré di Valencia e Navarra, in queste città egli contribuì a rafforzare e fortificare le difese contro le invasioni dei pirati turchi, per tale ingegno nel 1585 fu insignito della più alta onorificenza esistere all’epoca: Cavaliere dell’Ordine del Toson D’Oro.

La città fu realizzata da Vespasiano Gonzaga seguendo le linee guida di diversi teorici di architettura militare, nonché rispettando i diversi canoni classici Romani, difatti la città fu realizzata sulla base del cardo e decumano, i quali si rispecchiano nella Via Vespasiano Gonzaga e Via Dondi, dividendo quindi la città in 34 isolati. Anticamente era la piazza d’Armi il fulcro della città di Sabbioneta, detta anche piazza del Castello.
La progettazione della città di Sabbioneta si realizzò con la costruzione della piazza centrale, attuale Piazza Ducale, sulla quale si affacciano: il Palazzo Ducale, la chiesa di Santa Maria Assunta e Palazzo della Regione, sul lato destro scorre un porticato decorato a bugnato, poco più avanti si trova la chiesa della Beata Vergine incoronata e la sinagoga. Al centro della piazza era collocata sino al XVII sec. la statua ritraente Vespasiano seduto in trono con il braccio proteso in simbolo di tolleranza, la spada con l’effige dell’aquila imperiale della casata Asburgica e un trattato nella mano sinistra.
Da ricordare come grandi doti di tolleranza ed integrazione fra i popoli, Vespasiano nel 1551 diede autorizzazione di stampa al ricco ebreo Tobia Foà, mentre una grande conquista accadde nel 1558 quando la città iniziò a stampare moneta, come da atto imperiale del 1497 siglato dall'Imperatore Massimiliano I d'Asburgo.

Un riconoscimento in epoca moderna avvenne il 7 luglio 2008 la città di Sabbioneta fu dichiarata dall'Unesco patrimonio dell’Umanità.
Il Duca Vespasiano ebbe tre matrimoni: Diana Folche de Cardona , Anna d’Aragona e Margherita Gonzaga. Purtroppo fu solo la seconda moglie a donargli un erede, ma il piccolo infante Luigi morì in tenera età e alla morte di Vespasiano nel 1591 l'eredità passò tutta in mano alla figlia Isabella, la quale lottò per riuscire a strappare la città dalle mani dei cugini Gonzaga di Mantova; l’unico modo per non distruggere tutto il sogno del padre fu pagare una cospicua somma di denaro in ducati d’oro, anche se le condizioni economiche della città non versavano in buono stato a causa della carestia che l’aveva colpita, cadendo successivamente in disgrazia.















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La Chiesa della Beata Vergine dell’Incoronata si trovava dietro il palazzo Ducale di Sabbioneta, seguendo via Leoni sul lato destro, la quale sbuca direttamente in piazza Libreria Grande, sulla quale si affaccia la chiesa. Il tempio si compone di diversi corpi di fabbrica: l’ingresso è sormontato da un porticato sorretto da esili colonne sulle quali poggiano le tre arcate,

accanto si erge il campanile a pianta quadrata culminante nella cella campanaria, sormontata da una lanterna di forma ottagonale, mentre il fulcro centrale della chiesa è composto in laterizio a pianta ottagonale. Fu in questa chiesa che nel 1988, durante il rifacimento della pavimentazione, fu scoperta la tomba del Duca Vespasiano, il quale indossava ancora il ciondolo dell’ordine del Toson d’Oro donatogli dal re di Spagna.

La chiesa di Santa Maria Assunta è composta da un'unica navata affrescate con cappelle laterali, illuminata da una serie di candelabri pendenti posti in ordine sparso, la navata termina nell’abside, dove è collocato l’altare e la statua della Vergine, la quale è incastonata fra un colonnato marmoreo sormontato da una serie di angeli.

La tolleranza dimostrata da Vespasiano fu tale che nella città si poté liberamente professare la propria religione, tanto che gli ebrei non erano rinchiusi in ghetti o in quartieri, ma bensì sparsi per la città, per una migliore integrazione. In città fu eretta anche la sinagoga lungo via Bernardino Campi, restaurata dalla comunità ebraica di Mantova e oggi non utilizzata per il culto, ma tuttavia visitabile. A Sabbioneta furono stampati gli ultimi testi ebraici Talmut, di cui se ne salvarono alcune copie, in quanto l’inquisizione distrusse tutto quello che riuscì a rastrellare, in quanto considerato contro la volontà divina di Dio.
Alla Sinagoga si accedeva dal porticato subito dopo la piccola piazza di San Rocco, dove si affacciava l’omonima chiesa suddivisa su due ordini, scanditi da una sezione di lesene e 4 nicchie, all’interno delle quali erano collocate altrettante statue, di cui ne restano solo due, il prospetto architettonico termina con il timpano sormontato dalla croce.
Salendo la scalinata si giunge alla sala principale suddivisa in due sezioni, quella degli uomini vicino all’altare dell’arca dell’Alleanza, questa reliquia/simbolo è uno scrigno chiuso a chiave incastonato all’interno della parete fra due colonne reggenti un timpano, all’interno della quale si trovano i rotoli sacri della Torah, contornato da una cancellata in ferro battuto intarsiano; Le donne assistevano alla funzione religiosa sedute separate dagli uomini nel matroneo posto nella balconata sopra l’ingresso. Tutt’attorno si susseguono una serie di colonne marmoree culminanti in capitelli, mentre la volta è decorata con stucchi bianchi. Non ci sono raffigurazioni umane, in quanto la legge Ebraica vieta la rappresentazione fisica del proprio Dio.

Una grande opera fu la realizzazione della Gallerie degli Antichi, anche chiamata Corridor Grande, una vera e propria galleria di rappresentanza che si frapponeva in termini di prospettiva architettonica al potere politico, in quanto difronte si trovava il Castello, non pervenuto ai giorni nostri, al cospetto della dea Minerva raffigurata nella statua collocata su di una colonna monolitica al centro della piazza d’armi. La Galleria era la massima espressione artistica, luogo di rappresentanza, nella quale erano esposti trofei e opere di grande bellezza e importanza storica.

Alla Galleria si accede attraverso il Palazzo Giardino, edificio costruito per l’ozio del signore Vespasiano nel 1580. Dallo scalone si accede alla prima sezione di stanze:
Camerino dei Cesari

sulle pareti è raffigurata Roma con la Vittoria Alata e sei Imperatori Romani, mentre al soffitto si trovano decorazioni a grottesche.
Camera di Filemone e Bauci 

al centro della volta è raffigurato un genio alato fra due gru e due leoni, mentre alle pareti si susseguono scene relative alla narrazione del racconto di Filemone e Bauci, tratto dall’opera di Ovidio.

La Camera dei Miti 

questa stanza fu affrescata da Bernardino Campi, fra le varie scene raffigurate troviamo: Filira e Saturno, con Cupido addormentato, Dedalo e Icaro, Aracne e Minerva, la Caduta di Fetonte, la Punizione di Marsia; da questa stanza si accedeva allo studiolo del Duca uno splendido ambiente riccamente decorato con affreschi relativi a episodi tratti dall’opera di Virgilio dell’Eneide.
In successione si giunge alla Sala degli Specchi, la quale è decorata a grottesche e affreschi con le raffigurazioni mitologici di: Apollo, le tre Grazie, Diana e Venere con Cupido; da qui si aprono altri due piccoli ambienti, uno conduce ad una scala a chiocciola con le pareti decorate da foglie di edera, mentre l’altro è un piccolo camerino privato decorato a grottesche. Dalla Sala degli Specchi è possibile ammirare il giardino all’italiana, un tempo le decorazioni si susseguivano lungo i due viali principali, adornati da fontane e grotte, di cui oggi non rimane quasi traccia.

Il Palazzo Ducale fu edificato nel 1559, il quale si affaccia sull’omonima piazza. L’edificio fu progettato su due piani, dinanzi si apre una scalinata marmorea che conduce al portico composto da cinque fornici sorretti da pilastri decorati a bugnato, la geometria della facciata è composta dal numero cinque, in quanto le decorazioni, le strutture architettoniche rispecchiano tale numero, di fatti sopra i cinque archi si frappongono altrettante finestre al primo piano, decorate da timpani. Dall’ingresso si giunge al monumentale salone caratterizzato dalla presenza di due enormi basamenti al centro della stanza, dove è collocata la statua di Vespasiano Gonzaga, un tempo collocata nella piazza antistante il palazzo, l’opera ritrae il duca seduto in trono con le vesti spagnole, la spada asburgica nel fodero e un trattato nella mano sinistra.

PIAZZA DUCALE

Fino al 1970 dal salone dipartiva una scala elicoidale che conduceva al piano nobile, successivamente smontata dalla sovrintendenza di Belle Arti di Verona, che al tempo curava i lavori di restauro, ma non fu successivamente rimontata. Attraverso una porta sul lato destro della sala si arriva alla sala di Diana ed Endiminione, da qui si discende una scalinata e si giunge alla Camera d’Oro un vestibolo sul cui soffitto campeggia un bellissimo cassettonato intarsiato in oro zecchino, dove al centro risalta l’aquila imperiale con il Toson d’oro, attorniata dai fulmini, mentre sullo scudo risalta la scritta LIBERTAS ad indicare l'indipendenza dal Ducato di Mantova. La Camera successiva è quella del Duca d’Alba ( Fernando Alvarez de Toledo), egli fu per il Duca Vespasiano un amico, con il quale combatté grandi battaglie, di cui però non condivideva tutte le imprese, men che meno quella della repressione e persecuzione religiosa. La sala presenta un soffitto intarsiato rivestito d’oro zecchino, sul lato destro della sala campeggia il caminetto sul quale un tempo era collocato il busto Bronzeo del Duca d’Alba, dalla porta murata un tempo si accedeva al salone dei Cavalli, andato distrutto in un incendio del 1815, le statue lignee presenti all’interno di questo ambiente furono per sempre perdute, tranne alcuni pezzi che furono restaurate e collocate al piano nobile. Queste due stanze non furono depredate, in quanto erano state murate prima dell’arrivo degli Austriaci, che non hanno quindi potuto raschiare l’oro dai soffitti.

Dal salone principale salendo lungo la scalinata alla sinistra della statua del Duca, si giunge al piano nobile dove si incontra il primo ambiente denominato Sala delle Aquile, la quale prende il nome dalle raffigurazioni delle aquile cingenti festoni e stemmi ducali. Qui sono collocate le 4 statue equestri salvate e restaurate dopo l’incendio del 1915 nella Sala dei Cavalli a pian terreno, le quali raffigurano il ramo maschile della discendenza di Vespasiano ( il padre Luigi, il bisnonno Gian Francesco e Ludovico capitano del popolo) mentre al centro della stanza è collocata la statua del Duca Vespasiano in sella al suo destriero; tutti indossano le armature e vesti da battaglia, le statue furono realizzate non rispettando le vere proporzioni degli individui, ma dando loro una stazza ancora più imponente, difatti la figura del duca ha un’altezza di due metri. Sul lato sinistro, dietro la statua equestre del duca, sono collocati i 5 busti lignei ricavati da ciò che si è riuscito a salvare dalle restanti statue equestri bruciate nell’incendio.

La prima sala sulla destra è la sala degli Imperatori, il nome è dato dalla serie di busti ritraenti Imperatori Romani collocati sulle mensole disposte lungo tutta la sala, mentre sul soffitto sono presenti gli stemmi delle casate dei Gonzaga, Colonna ed Aragona, a simboleggiare le unioni fra i vari matrimoni di Vespasiano.
La sala successiva è detta degli Antenati o Libreria Piccola, in quanto alle pareti sono esposti i i bassorilievi dei mezzi busti della famiglia Gonzaga, sino ad arrivare all’ultimo discendente nonché figlio di Vespasiano: Luigi morto infante. Qui erano anche collocati volumi di inestimabile valore, oltre a statuette e oggetti preziosi. La volta è decorata a grottesche, incentrando il punto focale sull’affresco di Apollo intento a guidare il carro del sole.
Accanto si trova la sala degli Elefanti, di cui restano solo poche tracce degli affreschi raffiguranti i grandi mammiferi alternati a cariatidi, mentre il soffitto ligneo è andato perduto. Nella stanza successiva si entra nella stanza dei Leoni, nome che deriva dalla raffigurazione di due belve reggenti lo stemma ducale sul soffitto in legno di noce  intarsiato. Da questo ambiente ci si sposta nella sala della Città, il nome deriva dagli affreschi alle pareti raffiguranti diverse vedute, di cui oggi restano solo quelle di Genova e Costantinopoli.
Si giunge alla sala dell’Angelo, così denominata per la raffigurazione sul soffitto intarsiato in cedro del Libano, l’angelo regge lo stemma ducale con al collo il Toson d’oro. In fine si giunge alla sala degli Ottagoni, denominazione data a questo ambiente per l’elaborata intarsiatura del soffitto utilizzando il cedro del Libano, da qui si accede alla sala dei grappoli, anche qui la denominazione deriva dall’intarsio dei grappoli d’uva pendenti dal soffitto a cassettoni opera realizzata sempre utilizzando il pregiato cedro del Libano, nei due locali attigui Vespasiano aveva realizzato la Biblioteca Grande, un vasto ambiente dove erano collocati opere di ogni genere e tipologia, che all’atto della sua morte furono donati al Convento dell’Incoronata per poter aprire in un secondo momento una biblioteca pubblica, la quale però non fu mai realizzata.

Tra via Vespasiano Gonzaga e via del Teatro si trova il celebre Teatro all’Antica, anche detto Teatro Olimpico, terminato nel 1590 su progetto di Vincenzo Scamozzi, è l’unico teatro al mondo nel suo genere in quanto coperto, oltre ad essere il primo teatro moderno assieme a quello di Vicenza, che lo stesso Scamozzi portò a compimento dopo la morte del Palladio.

Il teatro presenta una sezione su due ordini, la sezione della cavea è composta dalla platea e nella sezione sopra elevata è collocato il loggiato, adornato da un semiarco sorretto da dodici colonne adornate da capitelli, sovrastato da altrettante dodici statue raffiguranti gli dei dell’Olimpo. Le pareti erano tutte affrescate a simulare un ambiente esterno, di grande importanza simbolica erano i due archi monumentali realizzati nella sezione della platea con vedute su Roma, era da qui che Vespasiano entrava in pompa magna per assistere, con il suo seguito, alle rappresentazioni, sedendosi sul suo trono posto nel loggiato, sotto l’affresco di Tito Flavio Vespasiano, nella cui mano protesa stringeva una corona d’alloro a simulare l’incoronamento di Vespasiano Gonzaga, mentre tutt’attorno nelle nicchie alle pareti erano presenti i busti di Imperatori Romani, elevando quindi l’immagine del Duca agli stessi Imperatori Romani. L’interno ha una prospettica focale in direzione del palcoscenico, la volta progettata a botte all’inizio era adornata con una sezione di canne intrecciate stuccate e dipinte di azzurro con stelle dorate, purtroppo questa componente scenografica è andata perduta a causa di un incendio e sostituito con un soffitto a cassettoni. L’acustica perfetta permette ancora oggi di poter effettuare rappresentazioni e registrazioni audio visive. Alle spalle del palcoscenico si trovavano i camerini divisi in due sezioni, una era per i musicisti e l’altra per i comici, questo era stato studiato appositamente per non fare incontrare le due tipologie di artisti.

Ad oggi, la scena presente sul palco è stata realizzata con fondi europei, la quale rappresenta una strada in prospettiva, sulla quale si affacciano finti palazzi nobili. La scena è mobile, per tanto può essere smontata e trasportata. La scena originale del Teatro all’Antica era fissa e rappresentava palazzi nobili con l’aggiunta di tele dipinte a completare l’impianto visivo, mentre quello illusionistico era dato da una serie di luci che davano il senso della prospettiva mediante il gioco di ombre e colori, questi ultimi dati dalla presenza di olii colorati che bruciavano all’interno di ampolle.
Purtroppo dopo la morte di Vespasiano il teatro subì saccheggi e utilizzi diversi che compromisero gli affreschi e la struttura stessa, nel ‘700 divenne una caserma, un magazzino e nei primi anni del ‘900, sotto il regime fascista, fu utilizzato come cinema. Si dovette aspettare la seconda metà del ‘900 affinché si iniziasse l’opera di recupero per salvare ciò che era possibile. È ancora visibile sulle pareti interne del teatro il segno delle inondazioni che ricoprirono d’acqua e fango la città durante le piene del fiume Po.

Porticato a Sabbioneta
Palazzo Novecentesco
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