COMUNE DI TORINO

La città di Torino è la quarta città italiana per numero di abitanti, oltre a essere un grande polo economico. La città è attraversata dal fiume Po e dai torrenti Dora, Stura e Sangone. Torino è capoluogo della regione Piemonte ed è collocata nell’anfiteatro morenico di Rivoli e accarezzata dal Po, le cui acque sono navigabili. Le valli torinesi sono incastonate fra le Alpi Cozie e Graie, le cui vette toccano i 3000 m: Monviso, Rocciamelone e il Monte Rosa ,  la valle più estesa è quella della Val di Susa. Torino possiede nel suo complesso un patrimonio ambientale che molte città invidiano e per salvaguardare questa risorsa la città e la regione hanno dato vita a due progetti: Torino città d’Acque e Corona Verde; la prima riguarda il recupero delle rive dei fiumi e la creazione di un percorso che servirà da collegamento con i grandi parchi, il secondo invece riguarda l’area metropolitana, in quanto con la costruzione di una greenway si metteranno in connessione le residenze sabaude e le aree verdi della regione. All’interno del territorio della città si trovano due parchi protetti: il parco naturale di Superga di quasi 750 ettari e il parco del Meisino nel quale è instaurata una colonia di aironi cenerini, entrambe i parchi sono raggiungibili a piedi a partire dal centro cittadino. Per tutta la città sono dislocate aree verdi, che fungono da polmone d'ossigeno contro lo smog del traffico, si incomincia dai Giardini Reali, per continuare verso il parco del Valentino ove all’interno sorgono il borgo e il castello medioevale costruivi nel 1884 in occasione dell’esposizione internazionale. Dal Parco del Valentino si raggiunge il Parco di Millefiori, realizzato in occasione dei festeggiamenti in Italia del ’61. Il cuore di Torino è piazza castello, sulla quale si affacciano il Palazzo Reale e Palazzo Madama, da qui si diramano via Po, che prosegue sino ad arrivare alle rive dell’omonimo fiume e via Roma che arriva sino a Piazza S. Carlo. Fuori dal centro sono collocate le Stazioni di Porta Nuova e Porta Susa. La città è anche la sede del Torino Film Festival, fondato nel 1982 come spazio di ricerca dei nuovi talenti, a questa manifestazione partecipano anche film internazionali.

















 
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Le origini storiche di Torino sono molto remote, gli storici ipotizzano che i primi popoli ad abitare queste terre furono i Celti o i Taurini, divenendo successivamente territori Romani. La città fu espugnata da Annibale nel 221 a.C., ma grazie alle milizie di Cesare la città divenne colonia militare denominata Tourinorum . Con le invasioni barbariche anche Torino non fu risparmiata. Questi territori passarono sotto il dominio prima dei Goti e in seguito dei Longobardi che li divisero in tanti ducati. Nel XI sec. a governare la città fu posta la figura del vescovo, solo nel XII sec. la casata dei Savoia riuscì ad ottenere le terre in concessione dall’imperatore Federico II come feudo, questo portò ad eleggere Torino come centro del potere dei territori del ducato dei Savoia. Nel 1536 le milizie francesi invasero questi territori per volere del re Francesco I e solo dopo 30 anni affinché la città tornasse in mano ai Savoia, tale impresa fu portata avanti dal duca Emanuele Filiberto. La città sotto la dominazione francese ebbe i suoi primi cambiamenti come ad esempio l’eliminazione della cinta muraria, dando quindi fine al prospetto di architettura Sabauda. Con l’avvento del periodo risorgimentale dal 1861 al ’64 Torino fu capitale d’Italia, mentre dal punto di vista economico iniziò una nuova era anche l'avvento della industrializzazione.

Torino è la capitale dell’automobilismo italiano, grazie allo stabilimento centrale della FIAT “il Lingotto” e agli stabilimenti di Mirafiori. È il secondo centro industriale della penisola dopo Milano, con prevalenza dell’industria meccanica, elettromeccanica, tessili, abbigliamento, alimentari, chimiche, vetro e gomma; mentre sono in espansione i nuovi settori tecnologici: robotica, aerospaziale e telecomunicazione. A seguito della decentralizzazione del settore meccanico, a partire dagli anni ‘70 si assistette ad uno spopolamento della città. Il settore primario vede l’agricoltura specializzata nella coltivazione di: cereali, viti, frutta, ortaggi e foraggio per l’allevamento.

La città di Torino è nota per la sua struttura a scacchiera, formazione urbanistica derivante dall’epoca romana ed ampliata fra il  ‘600 e ‘700. Quando i Savoia ricevettero il titolo di re di Sicilia, attirarono a se molti tecnici per progettare una struttura urbanistica degna di una capitale, oltre ad artisti per trasformarla in città barocca, imponendole un carattere monumentale, fra questi progetti ci furono piazza San Carlo, piazza Castello e piazza Carlo Felice, fra gli artisti che parteciparono a questa grande opera ci fu il siciliano Filippo Juvarra e il modenese Guarino Guarini. Della città romana è rimasto solo qualche cenno come la porta Palatina, che i Longobardi trasformarono nel loro Palatinum, parte della pavimentazione di piazza Cesare Augusto e la porta Decumana incorporata nel palazzo Madama. Seguendo la successione storica della costruzione dell’architettura nella città troviamo in Torino opere appartenenti al Medioevo come la chiesa di S. Domenico, nota per la sua struttura gotica, la quale presenta un interno a tre navate poggianti su pilastri con volte a crociera e absidi poligonali. Il Duomo invece è del XV sec. di inclinazione rinascimentale, con il campanile  posto in una posizione isolata, in questo tempio è custodita la sacra sindone, collocata dietro l’abside. Gli unici edifici rimasti del XVI sec. sono quelli di S. Maria del Monte (edificata sul monte dei cappuccini) e la chiesa dei Santi Martiri. Nel XVII furono avviati i lavori di ampliamento al palazzo Madama, i quali furono completati dallo Juvarra che ne disegnerà la nuova facciata; l'architetto si occupò anche della costruzione del castello Valentino edificato nel 1630 per volere di Carlo di Castellamonte, figlio di Carlo Emanuele I, prendendo spunto dai manieri francesi del ‘500. 

Nel '600 furono edificati il Palazzo di Città, l’accademia delle scienze e palazzo Carignano disegnati dal Guarini; continuando la carrellata troviamo la chiesa di S. Filippo Neri eretta fra il 1675-1772 su progetto dello Juvarra, la chiesa del Corpus Domini (iniziata dal Vitossi e ultimata nel 1671) e quella di S. Lorenzo. Nel XVIII si ha la costruzione dei tempi di S. Cristina, S. Croce e la basilica di Superga (mausoleo dei re di Sardegna e principi di Savoia) e la Palazzina di Caccia di Stupinigi in stile rococò. Nel secolo XIX furono apportate delle migliorie al parco del Valentino e la costruzione del borgo medioevale (1884), oltre alla erezione della chiesa Gran Madre di Dio (1831) su modello del Pantheon romano e la chiesa dedicata a Maria Ausiliatrice (1865). Di questo secolo è anche la Mole Antonelliana (1863) alta m. 167,50 e le  statue di Castore e Polluce (1846) poste a separare piazza Castello da piazza Reale. Torino si è dotata nel tempo anche di centri culturali come: il museo Egizio (secondo al mondo dopo quello de Cairo) fondato da Carlo Alberto, l’università di architettura instaurata nel castello del Valentino, l’accademia Albertina delle Belle Arti, l’armeria Reale e la biblioteca Reale, il museo civico d’Arte Antica a palazzo Madama, il museo del Rinascimento a palazzo Carignano, Museo dell’Artiglieria, il palazzo delle mostre permanenti al Valentino, la galleria d’Arte civica Moderna (la città attualmente è la capitale dell’arte contemporanea conosciuta in tutto il mondo grazie alla GAM e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo oltre al Castello di Rivoli), il museo nazionale dell’automobile, museo del Cinema, museo della Montagna e l’orto botanico.


La Basilica di Superga è collocata a 670 m s.l.m., la quale è raggiungibile con il caratteristico treno composto dalle vetture originali del 1934 (tramvia Sassi-Superga), che conduce il visitatore lungo un tragitto di tre chilometri, il quale si snoda attraverso il parco di Superga. La basilica fu il primo capolavoro di Filippo Juvarra, costruita nella prima metà del ‘700 per volere di Vittorio Amedeo II a seguito del voto fatto per l’assedio di Torino. Il progetto scelto fu quello più economico a causa della guerra che aveva prosciugato le casse del ducato. La basilica si ispira a modelli classici romani, l'edificio si apre con un maestoso pronao a otto colonne al quale si accede mediante una scalinata, la costruzione è dominata da una cupola alta 65 m e affiancata da due campanili. L'edificio presenta una pianta circolare esterna ed una ottagonale interna. L’altare maggiore è arricchito da un rilievo raffigurante la Madonna e la battaglia di Torino del 1706. La basilica vuole essere la testimonianza della grandezza della casata Savoia, la collocazione fu scelta appositamente in quanto l'edificio è visibile da una notevole distanza grazie alla sua mole e all’altezza del promontorio che domina l’orizzonte. Nei sotterranei della basilica è in oltre possibile visitare alcune tombe reali della casata dei Savoia.
Questo luogo purtroppo è anche la testimonianza di una tragica vicenda, Nel viale che costeggia il retro della basilica, è posta una lapide ricordante il tragico incidente aereo del 4 Maggio 1949, quando si l’aereo che stava trasportando in trasferta la squadra di calcio del Granata Torino, si schiantò e nell’urto morirono tutti i passeggeri e l’equipaggio.

Sulla collina è stato istituita nel 1991 una riserva naturale, a protezione di una fauna e flora che sarebbe andata perduta nel tempo, se non si fosse intervenuto per tempo.
MAPPA BASILICA DI SUPERGA

La riserva fu istituita nel 1978, la quale si estende per 740 ettari e comprende il versante della collina di Superga e quella del monte Bric, in quest'ultima sono presenti castagni, querce e faggi. Tra le rarità floreali è presente il giglio Martagone, fior di stecco e alcune specie di orchidee. La fauna invece vede all'interno del bosco: volpi, tassi, faine, donnole, ricci e scoiattoli; mentre fra gli uccelli: poiana, sparviero, allocco, civetta, picchio verde-rosso, upupa, zigolo nero. La collina presenta lati scoscesi in direzione della pianura, mentre sono più dolci quelli rivolti a meridione. 
Lungo i versanti della collina di Superga sono presenti faggi, pini silvestre, sorbo montano e mirtillo nero, ma la vegetazione è anche composta da piante di carattere mediterraneo come il pungitopo, tuttavia a farla da padrone all'interno dell'area boschiva solo le querce e i castagni. Il parco è possibile attraversarlo  grazie ai sentieri tracciati sia per camminate, che percorsi in mountain bike.

Per la Cappella dei Banchieri e dei Mercanti bisogna passare attraverso il vecchio chiostro, oggi usato come spazio espositivo comunale. La cappella fu costruita nel 1692, la quale fu adornata da sculture in legno e nel 1835 fu collocato anche un calendario meccanico.

La chiesa della Gran Madre sorge di fronte a piazza Vittorio Veneto, al termine del Ponte Vittorio Emanuele I, l'edificio fu eretto per festeggiare il ritorno di Vittorio Emanuele di Savoia il 20 Maggio 1814 dopo la sconfitta di Napoleone, l'architetto incaricato della costruzione fu Ferdinando Bongiorno. Il tempio si ispira al Phanteon, la sua realizzazione terminò nel 1831, sul timpano della chiesa fu inserito una epigrafe in latino rimembrando il momento del ritorno del re. La chiesa è rialzata rispetto al piano stradale e si raggiunge mediante una scalinata ai piedi della quale è collocata la statua dedicata a Vittorio Emanuele I di Savoia. Sul piano di ingresso sono poste ai lati le statue raffiguranti la Religione e la Fede, quest'ultima stringe un calice, per molti è un simbolo esoterico che indica la presenza del Sacro Graal nei sotterranei nel tempio; sul fronte è posta la Madonna con Bambino, nelle nicchie sono collocate le statue di S Marco e S. Carlo Borromeo. L'interno del tempio è di forma circolare, la cui cupola si erige su ispirazione del modello romano del Phanteon a cassettoni, le pareti sono arricchite da rilievi raffiguranti la vita della Vergine, oltre alle statue di S. Maurizio, Beata Margherita di Savoia, Amedeo di Saovia e S. Giovanni Battista. La chiesa subì dei restauri tra il 1933-1940 a seguito della collocazione dell'ossario dedicato ai caduti ad opera di Giovanni Ricci.

La chiesa di San Domenico fu eretta nel XIII sec. e riedificata nel '300, i cui lavori si protrassero sino al secolo successivo. Questa costruzione è un insieme di stili passando da quello gotico medioevale, nonché quello barocco. Gli unici affreschi trecenteschi rimasti sono conservati nella cappella delle Grazie, mentre ciò che rimane dell'antica struttura medioevale è il campanile gotico.

A seguito della concessione da parte di Carlo Emanuele II del lotto di terra adiacente al collegio dei Gesuiti, fu edificata nel 1675 la chiesa intitolata a S. Filippo Neri su progetto di Antonio Bettino, nell'area dove sorgeva l'Oratorio fondato nel 1552 dallo stesso Filippo Neri. A seguito del crollo della cupola dovuto a cedimenti strutturali, furono arrecati seri danni al tempio stesso. Fu l'architetto Juvarra a cercare di porre rimedio alla catastrofe, identificando come soluzione migliore la costruzione di un unica navata sormontata da una volta a botte con ampie finestre. Lo Juvarra non potette occuparsi dell'ultimazione dei lavori in quanto partì per la Spagna nel 1730, al suo posto si succedettero altri architetti: Giovanni Battista Sacchetti, Pietro Bonvicini, Giuseppe Talucchi (1823) ed Ernesto Camussi (1891), quest'ultimo nel 1891 disegnò il frontone in stile classico, posto sopra un pronao di colonne corinzie. Nel suo complesso è la chiesa più vasta di Torino, con i suoi 69 m di lunghezza e 37 di larghezza, all'interno sono disposte sei cappelle, le quali sono adornate da affreschi, fra queste spicca: Il martirio di S. Lorenzo, la Madonna in trono e santi, oltre a S. Filippo e la Vergine. Sull'altare maggiore (in stile barocco) è posizionata una pala dedicata alla Vergine con bambino e Santi. Altri particolari da citare sono la tribuna dell'organo e il lavabo della sagrestia, anch'essi realizzati seguendo la corrente barocca.

Le chiese di S. Carlo e S. Cristina sono due chiese gemelle, le quali si affacciano su piazza S. Carlo, le quali aprono la visuale verso via Roma. La chiesa di S. Carlo fu dedicata da Carlo Emanuele I a Carlo Borromeo, fu iniziata nel 1619 ad opera del Castellamonte, ma la facciata fu completata nel 1834 dal Caronesi, con bassorilievi raffiguranti S. Carlo Borromeo. Il timpano è ornato con le effigi di Emanuele Filiberto in adorazione a S. Carlo. Il campanile annesso alla chiesa fu realizzato nel 1779 con pianta quadrata e cupola ottagonale. L'interno della chiesa è composto da un'unica navata, con due cappelle per lato, l'altare maggiore è adorno delle statue della carità e della fede.
La chiesa di S. Cristina e il convento furono eretti nel 1639 per volere di Cristina di Francia su progetto dell'architetto Castellamonte, mentre le statue collocate sulla facciata sono opera dello Juvarra per volere di Maria Giovanna di Savoia, le quali raffigurano S. Francesco di Sales, S. Agostino e S. Maurizio, oltre alle allegorie delle virtù . L'interno è composta da un'unica navata, dietro l'altare ligneo è collocato il quadro raffigurante il "Riposo dalla fuga d'Egitto". La costruzione fu completata nel 1653 e donata all'ordine delle Carmelitane Scalze, dopo l'avvento di Napoleone l'ordine fu chiuso,  per essere nuovamente riammesso nel 1819.

CHIESA DI SANTA CRISTINA
CHIESA DI SAN CARLO

La chiesa è intitolata a S. Teresa d'Avila, costruita nel 1642 dall'architetto Andrea Costaguta, tuttavia la facciata sarà completata nel 1764 su ispirazione della chiesa di Santa Cristina. L'interno è a croce latina ad unica navata e su ogni lato sono poste tre cappelle. La cupola è posta sul transetto nel quale si intersecano le nicchie dedicate alla Sacra Famiglia e a San Giuseppe.

Il Duomo di Torino fu edificato nel 1498 ed intitolato a S. Giovanni Battista, l'edificio fu ampliato con la realizzazione  della cappella dedicata alla Sacra Sindone. Questo progetto fu edito da Guarino Guarini, su richiesta di Carlo Emanuele II di Savoia, tale luogo sarebbe stato la collocazione dove custodirvi la sacra reliquia, portata a Torino da Emanuele Filiberto nel 1578. Il progetto prevedeva l'ingresso alla cappella mediante due scaloni speculari che partivano dal fondo delle due navate e conducevano sino a due piccole stanze circolari, che immettevano in un secondo ambiente immerso nell'oscurità, rischiarata solo dai riflessi di luce emanati dalle stelle bronzee incastonate nel pavimento; tutto per richiamare l'attenzione al momento di raccoglimento al cospetto della Sindone, posta all'interno di una struttura ornamentale sovrastata dalla colomba dello spirito santo. Tutta la struttura della cappella era stata pensata basandosi sul numero tre e i suoi multipli, oltre all'utilizzo di forme geometriche perfette, questo era un chiaro richiamo al cosmo che si muove verso la luce del sole, visto come la salvezza dell'uomo. Il campanile di S. Andrea, uno delle poche tracce che restano dello stile romanico nella città di Torino, è alto 40 m e presenta delle aperture ornamentali di bifore e trifore, fu in seguito modificato dallo Juvarra, il quale aggiunse una cuspide barocca agli inizi del '700. Nel 1997 un incendio distrusse parzialmente la Cappella e la cupola, i lavori di restauro iniziarono prontamente, al fine di ridare giusta collocazione alla Sindone. Il Duomo è anche l'unico edificio sacro rinascimentale della città, costruito per volere del vescovo Della Rovere, presenta una facciata in marmo bianco con decorazioni a bassorilievo. L'accesso al tempio è consentito attraverso tre portali, l'interno è suddiviso il tre navate, decorate con cenni gotici, lungo le navate laterali sono collocate diverse cappelle. Alla destra dell'altare maggiore è collocato un organo ottocentesco  realizzato da Giacomo Vegezze Bossi e successivamente restaurato nel 1972.

PIANTA DUOMO DI TORINO

Il monte dei Cappuccini si erge oltre il fiume Po a 284 m sul livello del mare. Durante il XIII sec. fu un punto strategico e difensivo, solo successivamente fu deciso dal Duca di erigere un tempio intitolato a S. Maria del Monte per i cappuccini, progettata dal Vitozzi nel 1584 e ultimata dal Castellamonte nel secolo successivo; la chiesa è sormontata da una cupola a tamburo ottagonale, con pianta a croce greca, le decorazioni furono realizzate in stile prebarocco. La chiesa ha in se due cappelle, in una è custodita la tela raffigurante la Madonna che porge il bambino a S. Francesco, e nell'altra è rappresentato il martirio si S. Maurizio. La chiesa durante la guerra fu colpita dai bombardamenti e solo nella seconda metà del '900 i lavori di ristrutturazione furono ultimati. 

I frati che qui si insidiarono predicarono la loro fede aiutando i bisognosi e i malati di colera; durante la guerra civile furono anche assediati e nel 1640 quando la popolazione si rifugiò all'interno della chiesa, le truppe francesi fecero irruzione all'interno e massacrarono molti civili. Nel 1960 venne inaugurata la statua della Madonna dei Lavoratori posta nel piazzale della chiesa. Qui è sita la Biblioteca provinciale dei Cappuccini, composta da circa 80.000 volumi, di cui 1.000 donati dal Duca Carlo Emanuele I di Savoia nel XVI sec. Fra i pezzi rari nella collezione si trova una bibbia del 1584 ed un catechismo del 1623. La biblioteca è aperta al pubblico su appuntamento, oltre alla chiesa si può visitare il Museo della Montagna istituito nel 1891 dall'associazione CAI.

Il Santuario della Consolata fu eretto nel X sec. ed in origine fu dedicato a S. Andrea, solo successivamente fu intitolato alla Vergine, a seguito della sua immagine portata dall'Oriente; secondo la leggenda il dipinto fu rubato e trovato da un cieco. L'edificio preserva del periodo medievale solo il campanile, in quanto nel '600 il Guarino ampliò la costruzione e lo Juvarra nel '700 costruì un presbiterio ovale, mentre la facciata in stile neoclassica risale all'800; il tempio è composto da due corpi di fabbrica, uno di forma ellittica e uno esagonale. Gli interni sono predisposti in modo da esaltare l'altare maggiore ideato dallo Juvarra, sul quale sono posti i due angeli in marmo bianco,  tra la fine dell'800 e inizi '900 furono aggiunte le cappelle radiali decorate con marmi policromi, stucchi e bronzi.

Dopo la battaglia di S. Quintino nel 1557, Emanuele Filiberto decise di dedicare la chiesa della Madonna della Neve, affacciata su piazza castello, a S. Lorenzo. Nel 1634 iniziarono i lavori per convertire la chiesa al nuovo culto. Il progetto fu completato da Guarino Guarino, ma la facciata da lui ideata non fu mai costruita, difatti fu lasciata la semplice composizione che la rende uniforme agli altri edifici. La chiesa è preceduta dall'oratorio dell'Addolorata, collocato dove prima sorgeva la chiesa dedicata alla Madonna della Neve, ha una pianta centrale ottagonale con lati convessi e quattro pennacchi sostengono il tamburo della cupola con lanterna, opera del Guarini, la quale è illuminata da sedici finestre. Gli altari sono decorati da marmi policromi e nel presbiterio si trovano gli affreschi di Guidobono e l'altare maggiore con la pala dedicata a S. Lorenzo opera del Franceschini.

La sinagoga (il cui significato letterale è: assemblea o luogo di riunione) in origine aveva come progetto quello della Mole Antonelliana, che per motivi strutturali ed economici fu bloccato dalla comunità ebraica, per poi essere continuato dal comune di Torino in onore al re di Savoia, l'ente diede in cambio alla comunità ebraica un altro terreno dove poter edificare la loro struttura. L'edificio attuale fu progettato dal Petiti, realizzato nel 1884, ma bombardato durante la guerra, tutto il mobilio fu perso e dell'edificio restarono in piedi solo i muri perimetrali, i lavori di ricostruzione ricominciarono subito con la fine della guerra, realizzando uno spazio per l'accoglienza di circa 1400 fedeli.

Il Tempio Valdese fu realizzato in Corso Vittorio Emanuele II nella seconda metà dell'800 in stile Neo-Gotico da Luigi Formento. Questo tempio voleva simboleggiare la vittoria dei Valdesi per il raggiungimento della libertà di culto, ottenuta con la promulgazione da parte di re Carlo Alberto nel 1848 del riconoscimento dei diritti civili. La costruzione dell'edificio fu comunque ostacolata dai vari esponenti clericali, senza però riuscire nel loro intento.


La realizzazione del Borgo e Rocca Medioevale la si deve a una equipe di studiosi dell'arte capeggiata dal portoghese Alfredo d'Andrande. Quest'opera fu progettata per l'esposizione Generale a Torino nel 1884, la quale riscosse così tanto successo che si decise a fine esposizione di non abbattere il complesso di edifici. Il progetto posa le sue fondamenta su un accurato studio del territorio piemontese e valdostano. Il borgo e la rocca sono un'espressione di come si sarebbero immaginati se veramente fossero esistiti, si è cercato di creare uno scenario realistico, a partire dalle botteghe, che sono ancora in opera con la vendita di souvenir e da uno scenario formato dalle case e dalle balconate circostanti. Una ricreazione perfetta è anche la rocca, la quale presenta al suo interno anche il mobilio del XV sec, dipinti ispirati a cicli cavallereschi del '400 ed altri scenari caratteristici di vita quotidiana. L'impianto comprende diversi ambienti: il cortile interno, il camerone dei soldati, le cucine, la sala da pranzo, la camera del guardiano, la sala baronale, la stanza da letto, l'oratorio, la stanza della damigella, la cappella e la tettoia delle armi. Adiacente alla rocca è situato il giardino realizzato in epoca recente e fu aperta al pubblico nel 1998. Il giardino si divide in due aree, nella prima sono coltivate piante ornamentali, in successione si passa alla sezione riguardante le piante aromatiche e i tipici ortaggi.

VIE DEL BORGO MEDIOEVALE
Chiesa del Borgo Medioevale
Abitazione Borgo Medioevale
BIBLIOTECA NAZIONATE DI TORINO

La biblioteca reale si trova al piano terra a lato del Palazzo Reale, l'ambiente interno è decorato a partire dal soffitto caratterizzato da una volta a botte affrescata con raffigurazioni che traggono spunto dalla scienza, dalla letteratura e dalle arti. Nella biblioteca sono custoditi i disegni di Leonardo, acquistati da Carlo Alberto, in questa collezione sono presenti in oltre l'autoritratto e il viso dell'angelo e il codice del volo degli uccelli. la biblioteca custodisce 185.000 volumi, 4.300 manoscritti e 2.000 disegni.

Il castello del Valentino nacque come modesta dimora di proprietà del feudatario di Poirino Melchiorre Borgarelli  (1551), nel 1543 fu venduto a Renato Birago di Ottobiano e nel 1564 fu acquistato da Emanuele Filiberto di Savoia, successivamente il castello fu donato dal duca Carlo Emanuele I alla nuora Cristina di Francia, quest'ultima avviò un progetto di rivalutazione della struttura stessa, con l'aiuto del Castellamonte, ridefinendo due delle quattro torri, quelle che si affacciavano verso il fiume, progettò i tetti alla francese, i quali presentano due piani mansardati, tali interventi strutturali si protrassero per 30 anni. Il castello oggi presenta due facciate diverse, la facciata che da verso la città ha le caratteristiche dei castelli francesi del XV sec. oltre alle linee barocche italiane, mentre il fronte che si affaccia verso il fiume Po è in cotto. La pianta dell'edificio è a forma di ferro di cavallo con un'ampia corte a pavimento marmoreo, gli interni sono composti da vari ambienti: dal Salone Centrale e la Sala della caccia al primo piano completi di ricchi stucchi ed affreschi allegorici, la sala d'Onore contiene raffigurazioni encomiastiche della casa Sabauda, mentre negli appartamenti a nord sono collocate: la stanza della Guerra avente come tema decorativo la figura di Vittorio Amedeo I, la stanza del Negozio con il tema principale della pace, la stanza della Magnificenza e la stanza delle Feste. Presso gli appartamenti posti a sud si trova la stanza verde simboleggiante la primavera, la morte oltre alle rappresentazioni delle metamorfosi Ovidiane, un tema che è molto accentuato dal colore verde utilizzato per dipingere le pareti; in oltre in questa ala del palazzo sono collocate: la stanza delle Rose, la stanza dei Pianeti dove è ripresa la metamorfosi Ovidiana a simboleggiare la morte di Vittorio Amedeo I, in successione si incontra la Sala della Nascita dei Fiumi, la Stanza dei Gigli e del Gabinetto che presentano stucchi di carattere floreale. L'ampio cortile è composto da ciottolato avente colori che spaziano dal chiaro allo scuro. Nell'800 il palazzo fu depredato da tutti gli arredi da parte dei soldati francesi, da questo momento seguirono anni di abbandono, sino a quando nel 1858 il complesso fu ampliato nelle maniche di collegamento delle torri, in quanto in quell'anno il castello ospitò l'esposizione industriale di Torino. Nel 1859 fu ceduto alla regia scuola per gli Ingegneri ed oggi è proprietà del politecnico di ingegneria di Torino.

PIANTA CASTELLO DEL VALENTINO

PARCO DEL VALENTINO

Il Parco del Valentino si estende lungo la riva sinistra del fiume Po, inizia dal Ponte Re Umberto I e si congiunge al Ponte Principessa Isabella, è situato ad 1 km dal centro della città di Torino e non è il parco più grande della città, in quanto occupa 500.000 mq, mentre il parco più vasto è quello della Pellerina di 840.000 mq. Prima della sua realizzazione in quest'area erano presenti il castello e l'orto botanico, oltre a qualche cascina, la realizzazione dell'opera di trasformazione dell'area boschiva fu iniziata con il progetto del Castellamonte nel 1630, al quale vi succedette nel 1660 il figlio. Nel 1860 il francese Barillet ridisegna la struttura, cercando di apportare migliorie ai vialetti che attraversano il parco, nonché alla sistemazione delle zone floreali. Nel 1961 il parco fu nuovamente ritoccato con l'aggiunta di aiuole che costituiscono ancora tutt'oggi una piccola valle fiorita, insieme al roseto del 1965 che venne ampliato nel 1992 a seguito della mostra floreale. Il parco del Valentino arriva ai giorni d'oggi non solo come un parco urbanistico, ma anche come parco storico. Questo luogo è frequentato da molti cittadini torinesi, dato che il verde nella città è diventato essenziale per trovare un attimo di respiro al traffico cittadino. All'interno del parco del Valentino si colloca oltre alle classiche statue e fontane, anche il Borgo Medioevale (opera dell'architetto Alfredo D'Andrade), il complesso di Torino esposizioni, la Promotrice di Belle Arti, l'Orto Botanico e il giardino roccioso.

PARCO DEL VALENTINO

L'orto botanico fu fondato nel 1729 ed ebbe una notevole importanza per l'Ateneo Torinese, già negli anni '20 del secolo XIX esisteva l'attuale edificio con annessa l'aranciera, serra calda e museo-erbario; nel 1830-40 fu allestito il "Boschetto", Arboreto con numerose specie esotiche.
Ulteriori ampliamenti degli edifici adibiti a laboratori ed aule ridussero gli spazi dedicati alle serre; tuttavia l'impianto fu riaperto al pubblico dal 1997, a seguito di una ristrutturazione e riqualificazione scientifica, al fine di poter esporre la flora locale, oltre alle curiosità esotiche.
Nel Boschetto è ricostruito un lembo del bosco tipico delle zone occidentali della Pianura Padana, mentre in un altro ambiente sono riunite le specie citate nelle  Sacre Scritture per le quali è stato possibile da parte degli studiosi individuare la denominazione scientifica corrispondente. Nel 2006 è stato allestito un piccolo percorso per ipovedenti e non vedenti, dotato di cartelli con disegni e testi colorati in rilievo e con scritte anche in Braille, relativi a specie particolarmente note o di uso corrente (es. lavanda).

Palazzo Barolo presenta un’architettura seicentesca; nel 1692 iniziano le opere di modifica e ampliamento della struttura, che portarono il complesso ad essere di elevato livello mondano. Nel ‘700 furono operate nuove modifiche architettoniche e stilistiche per adeguare il palazzo allo stile rococò. Successivamente questo palazzo fu adibito a centro di carità, per volere della marchesa Giulia Faletti di Barolo mediante testamento. A piano terra nel 1829 fu istituito per volere dei marchesi il primo asilo infantile di Torino. Dopo una serie di restauri nei primi del ‘900, questi ambienti furono sede di botteghe artigianali. Il piano terra era predisposto con varie stanze: un’anticamera dava accesso alla stanza che si affacciava sulla contrada, il tutto adorno da volte affrescate. In oltre qui sono collocati un salone con un monumentale caminetto e un’altra anticamera che si affaccia verso la corte grande, da qui si prosegue verso il salottino e all’alcova. Al piano nobile furono collocati un refettorio e delle camere da lavoro, mentre nel grande salone nell'800 fu realizzato un soppalco per adibirlo a dormitorio Sempre nel piano nobile troviamo ancora il salottino cinese e la sala del consiglio collocati nell’ala destra. Le cantine sono con realizzate con mattoni in cotto sormontate da volte a botte e pareti, le quali furono riaperte al pubblico solo nel 2000. In questa residenza vi soggiornò  per un certo periodo Silvio Pellico.

Palazzo Bricherasio fu costruito nel 1636 (nell'attuale via Lagrange ed Accademia delle scienze) e nel 1855 venne acquistato dal Conte Luigi Cacherano di Bricherasio, che avviò nuovi lavoro. Nel 1871 il conte morì lasciando in eredità l'edificio ai suoi sue figli: Sofia ed Emanuele. Sofia iniziò a collezionare opere d'arte facendo divenire il palazzo secentesco un fulcro culturale che ruotava attorno alla sua stessa figura. Il fratello Emanuele, preso dalla passione per le automobili, diede il via alla prima fabbrica automobilistica italiana, che ancora oggi tutti conosciamo: la FIAT, il cui atto costitutivo fu firmato nel luglio del 1899 proprio a palazzo Bricherasio. Nel 1950 il Conte Emanuele morì e qualche anno anche la sorella spirò senza lasciare eredi. Nel 1990 fu acquistato dagli attuali proprietari, i quali lo restaurarono e nel '95, a lavori ultimati, nacque la Fondazione Palazzo Bricherasio sede espositiva di numerose opere d'arte moderne e contemporanee. Le sale del palazzo non sono solo un palco dal quale mostrare la bellezza dell'arte, ma anche luoghi adibiti per spazi riguardanti: dibattiti, conferenze e presentazioni; queste sale sono aperte per eventuali comizi e serate organizzate da Enti ed aziende.

Il progetto della costruzione di palazzo Carignano fu affidato all'architetto Guarini su commissione di Filippo Emanuele di Savoia, la cui realizzazione si concluse nel 1679. L'edificio presenta una facciata barocca in mattoni a faccia vista, la cui struttura ruota attorno al cortile interno. Sulle finestre del piano nobile è posto il fregio raffigurante la testa di Indiano d'America, a ricordare la vittoria ottenuta assieme ai francesi nella battaglia contro gli Indiani Irochesi nel 1667, a seguito della colonizzazione del Canada. Il palazzo si affaccia da un lato su piazza Carignano e dall'altra su piazza Carlo Alberto. Le decorazioni degli ambienti sono composte da stucchi ed affreschi. Tale opera è stata definita dall'Unesco _ Patrimonio dell'Umanità _
Gli eventi storici cambiarono l'utilizzo delle stanze del palazzo che nella seconda metà dell'800 ospitò la sede centrale delle poste, successivamente all'unificazione dell'Italia, fu deciso di insediare qui il nuovo parlamento, che ancora oggi si conserva nella sua interezza, ma non fu mai utilizzato in quanto la sede venne poi spostata a Firenze. Dal 1938 l'edificio è sede del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, mentre antecedentemente era stato istituito presso la Mole Antonelliana, in oltre in queste sale sono anche ospitati gli uffici della sovrintendenza. Il percorso storico si snoda attraverso 26 sale, allestite con cimeli, armi, uniformi, vessilli e opere d'arte, alcune sono di notevoli dimensioni, le quali raffigurano il periodo storico fra il '700 e l'inizio della I Guerra Mondiale; successivamente vennero aggiunte altre documentazioni riguardanti la resistenza e l'anti fascismo; in totale l'esposizione ricopre una superficie di 3000 metri quadrati.

FACCIATA PALAZZO CARIGNANO
ARCHITETTURA DEL '600
ARCHITETTURA DELL'800

ESPOSIZIONE DEL MUSEO RISORGIMENTALE

1. Vecchio Piemonte
2-3 Dominio Francese
4. Periodo Napoleonico

5. Restaurazione
6-7 Società segrete
8. Mazzini
9-10 Riforme Liberali

11-12-13-14 Dal 1848 al 1849
15. Risorgimento Europeo
16. Guerra di Crimea
17-18 Guerra del 1859
19. Garibaldi e i Mille

20-21-22-23 Unità d'Italia
25-25 Dal 1915 al 1918

Palazzo Cavour è uno degli edifici storici più significativi di Torino, innanzi tutto perché in esso nacque, visse e morì il noto statista Camillo Benso Conte di Cavour, in secondo luogo perché rappresenta uno dei migliori esempi di architettura barocca piemontese del Settecento.
Il palazzo sorge nel centro storico di Torino e fu costruito nel 1729 dall'ingegnere torinese Giovanni Giacomo Planteri.
Nel XXI sec. il palazzo è stato restaurato dalla regione Piemonte, che ne ha fatto una prestigiosa sede espositiva e di rappresentanza, con la funzione anche di ospitare le grandi iniziative. La regione Piemonte ha affidato i primi lavori di restauro delle sale auliche di Palazzo Cavour alla Scuola per Artigiani Restauratori di Torino con l'intenzione di offrire loro una straordinaria opportunità didattica.

Il Palazzo dal Pozzo della Cisterna si trova dentro l'antica isola dell'Assunta, attualmente delimitata dalle via Bogino, via Giolitti, via Carlo Alberto e via Maria Vittoria.
Il nucleo originario dell'edificio - di proprietà del conte Flaminio Ripa di Giaglione - risale al 1675, mentre tre anni dopo ci fu l'annessione dell'area dell'attuale giardino interno.
Nel 1685 il Palazzo passa alla famiglia Dal Pozzo della Cisterna, con cui inizia un lungo periodo di splendore, in particolare nella seconda metà del Settecento quando si avviano i lavori di ristrutturazione e ampliamento voluti dal principe-mecenate Giuseppe Alfonso, dietro il coordinamento dall'architetto regio Francesco Valeriano di Beinasco: viene ampliata la manica di ponente, costruiti gli appartamenti, risistemata la facciata, costruite le scuderie, furono eseguite decorazioni su legno, stucco e ferro. Allo stile barocco piemontese si mescola il neoclassicismo, soprattutto negli interni.
I lavori furono interrotti e ripresero solo nella seconda metà dell'Ottocento con il matrimonio tra Maria Vittoria, figlia di Carlo Emanuele della Cisterna e Amedeo di Savoia duca d'Aosta.
Il Palazzo diventa una vera e propria casa di rappresentanza, molto sfarzosa, vengono aggiunte nuove sale decorate con soffitti a cassettoni e tappezzerie in seta.
Dopo la morte della Principessa Maria Vittoria ci fu la volontà di Amedeo d'Aosta di completare il Palazzo. Venne approvato il progetto per la costruzione della cancellata che circonda il giardino sulla via Carlo Alberto che sostituì il vecchio muro di cinta e il progetto di ricostruzione dello Scalone d'Onore. Sempre di questo periodo sono alcune migliorie tecnologiche, come l'illuminazione a gas nell'ingresso e i lavori di sopraelevazione del terrazzo fra il cortile principale e il giardino.
Negli anni successivi agli inizi del '900 furono effettuati solo degli interventi minori; nel 1940 i Savoia vendono l'edificio all'Amministrazione Provinciale, che  vi si instaurò nel 1945.
Nel corso degli anni si susseguono altre operazioni di restauro e di adeguamento agli usi pubblici, che ne rispettano sempre il valore storico.


VISITE GUIDATE
Il prestigioso edificio storico di via Maria Vittoria 12, che da decenni è sede della Provincia di Torino, è un palazzo tutto da ammirare, Dallo Scalone d’onore alla Quadreria, dalla Sala dei Tondi De Ferrari, alla Sala Giunta, dallo Studio del Duca (oggi Studio del Presidente), alla preziosa Anticamera Gialla, senza tralasciare lo splendido giardino.

Il palazzo è visitabile con visite di gruppo guidate, solo previa prenotazione presso l'Ufficio Relazioni con il Pubblico ai numeri 011/861.2644-2901 - E- mail: urp@provincia.torino.it 
Il percorso, della durata di circa un'ora, propone un itinerario storico- artistico che partendo dall'androne, porta al cortile d'onore e al giardino e prosegue con la visione degli ambienti più significativi del primo piano.

Palazzo Madama sorge in piazza Castello, nel centro di Torino, oggi sede del museo Civico di arte Antica di Torino, nel quale sono esposte opere d'arte, dipinti, sculture, ceramiche, arazzi ecc... . La struttura è formata dall'inglobamento delle torri della porta romana Pretoria risalente al I sec., le quali a seguito della caduta dell'impero romano e a seguito delle invasioni barbariche furono utilizzate come fossero un fortino, solo successivamente la costruzione fu modificata per edificarvi il castello quattrocentesco di Ludovico d'Acaja, al quale fu annessa la facciata costruita dallo Juvarra, trasformando il castello in un palazzo di stile barocco, dedito alle feste e alle sontuosità delle signorie reali. Questa residenza divenne la dimora delle reggenti al trono come nel caso di Cristina di Francia decise di abitare in questo palazzo per volersi sottrarre alla vita di corte.

PALAZZO MADAMA COME LO VEDIAMO OGGI:


EVOLUZIONE ARCHITETTONICA DELL'EDIFICIO NEI SECOLI:

1 - PORTA ROMANA
2 - FORTIFICAZIONE MEDIOEVALE
3 - CASTELLO DEGLI ACAJA
4 - REGGIA DI CRISTINA DI FRANCIA
5 - MUSEO CIVICO

STANZE DI PALAZZO MADAMA

Ingresso e Piano Terra

1. Scalone Juvarriano
2. Veranda Sud
3. camera di Madama Reale
4. Camera di Madama Reale
5. Sala quattro stagioni
6. Sala Guidobono
7. Sala del Senato
8. Sala degli stucchi
9. Veranda Nord

 

Secondo Piano

1. Sala delle Ceramiche
INGRESSO E PIANO TERRA
 
SECONDO PIANO

Piano Interrato

1. Lapidario

PIANO INTERRATO
 

 IL MUSEO

Nel 1934 il palazzo divenne la sede dei Musei Civici d'arte antica, sarà solo nel 1960 che iniziò la raccolta delle opere e delle collezioni, molte delle quali furono donate direttamente attraverso eredità di privati, come quella di Emanuele d'Azeglio composta da ceramiche, avori e vetri. Nel 1988 il palazzo fu chiuso per provvedere ai restauri del caso, questo segnò una profonda mancanza, di cui ne risentì la città sino alla sua attuale riapertura.

Il museo ha esposto le 70.000 opere basandosi su un percorso storico, partendo dalle origini Medioevali, sino ad arrivare all'epoca Barocca, suddividendole fra sculture, dipinti, ori e argenti; la visita si snoda attraverso le 35 sale, iniziando dal lapidario Medioevale, passando successivamente al piano terreno con le opere Gotiche e Rinascimentali, mentre al piano nobile sono presenti le opere barocche, sino ad arrivare alle merlature del palazzo, in quest'area di trovano le ceramiche e le maioliche, infine si può prendere l'ascensore che conduce sino alla sommità della torre, da dove si gode il panorama sulla città di Torino.

SALE DEL MUSEO:

PIANO FOSSATO

1. TORRE ASCENSORE  
2. TORRE TESORI  
3. LAPIDARIO MEDIOEVALE  
4. LAPIDARIO MEDIOEVALE
5. LAPIDARIO MEDIOEVALE
6. LAPIDARIO MEDIOEVALE
7. PORTA FIBELLONA
8. CANTINE JUVARRIANE
9.TORRE ROMANA

PIANO TERRA

1. TORRE ASCENSORE  
2. SALA ACAIA  
3. TORRE DEI TESORI  
4. SALA STEMMI
5. FONDI GRAFICI
6. SALA TERRE COTTE
7. PORTA FIBELLONA
8. SCALA TORRE ROMANA
9. ATRIO

PRIMO PIANO

1. TORRE ASCENSORE  
2. SALA GUIDO BONO  
3. SALA FESTE
4. SALA 4 STAGIONI  
5. TORRE TESORI  
6. CAMERA DI MADAMA REALE
7. PICCOLO GUARDAROBA
8. GABINETTO CINESE
9. CAMERA NUOVA

10. VERANDA SUD
11. SCALA TORRE ROMANA
12. SCALONE
13. GABINETTO ROTONDO
14. STANZA DEI FIORI
15. VERANDA NORD
16. CAMERA DELLA GALLERIA
17. CAMERA DELLE GUARDIE
18. SALA DEL SENATO

SECONDO PIANO

1. TORRE PANORAMICA
2. SALA CERAMCIHE
3. SALA STUDIO
4. SALA VETRI E AVORI
5. SCALA TORRE ROMANA
6. SALA MEDAGLIERE
7. SALA DIDATTICA
8. SALA TESSUTI

Quando Emanuele Filiberto trasferì la capitale da Chambèry a Torino, diede il via al cambiamento della città, con la costruzione di una fortificazione maggiore e della sua dimora. Quando al trono salì Carlo Emanuele nel 1584 fu chiamato a corte l'architetto Vittozzi che realizzò la facciata che si affaccia sulla piazza . Alla sua morte il progetto della costruzione passò al Castellamonte, il quale pennella di bianco la facciata e imposta il padiglione che conterrà la sindone. I soffitti sono intagliati in legni pregiati e bordati d'oro, le tele ornamentali erano collocate nelle stanze in modo tale da seguire un percorso iconografico basato sull'immagine del sovrano, furono realizzati gli arredi per le sale di parata del primo piano. 

Porta Palatina era uno degli ingressi alla città in epoca romana, risalente al I sec. d.C., nei secoli è stata anche residenza di illustri personaggi come Carlo Magno, che vi soggiornò a seguito della vittoria contro i Longobardi, ma con il passare del tempo i bisogni cambiano, a tal punto che la costruzione fu adibita a carcere femminile. La struttura fu edificata in laterizio, la facciata è percorsa da due file di finestre,  il corpo centrale è fiancheggiato da due torri alte 30 metri avente ognuna sedici lati, le cui mura sono spesse circa 1,5 m. Sempre nella facciata si aprono quattro fornici, due dei quali hanno aperture maggiori in quanto servivano per il passaggio dei carri, quelli più piccoli invece per il passaggio pedonale. 

I dipinti che si intersecano con gli stucchi dei soffitti, opera dei pittori Jan Miel, Charles Dauphin, mentre gli emblemi della sala della colazione e dell'Alcova sono dei fratelli Dufour. Nella stanza degli Svizzeri, dalla quale si accede al padiglione della Sindone, è collocato il ciclo di affreschi dediti alla dinastia dei Savoia
Vittorio Amedeo II iniziò un progetto di rivalutazione del giardino che si affaccia sul Bastion Verde, sul finire del '600 furono aggiunti anche dei bacini d'acqua e viali a raggiera. Attualmente nel giardino si trova solo un bacino nel quale è collocata la statua dei tritoni.
Con l'avvento dello Juvarra furono realizzati a palazzo la Segreteria, gli Uffici, gli Archivi di Stato e il teatro Regio, oltre alla scalinata a doppia forbice (Scalone d'onore) nel torrione ovest e il gabinetto cinese.
Quando lo Juvarra partì per la Spagna, il suo posto fu occupato dall'Alfieri, il quale rinnova la Galleria del Daniel impostandola come sala da ballo, posizionando di fronte alle finestre grandi specchiere.
Con l'invasione napoleonica il palazzo fu depredato da tutti i suoi averi, quando i Savoia tornarono a governare il loro regno fu Alberto che volle un rinnovo del piano nobile del palazzo, facendo costruire la nuova sala da ballo ( la quale ha una capienza di 2000 persone) realizzata dal Palagi, ispiratosi al classicismo e agli ambienti faraonici, nell'immensa sala sono presenti 20 colonne che sorreggono il soffitto, mentre una piccola balconata posta sul lato destro, sorretta da colonne più minute, era adibita per ospitare l'orchestra. Ad opera dello stesso autore furono le stanze: dello studio del re, il gabinetto delle Medaglie e la Sala del Consiglio. Fra il 1835 e il 1838 fu realizzata la nuova cancellata in ferro battuto e nel 1846 furono collocate le statue dei Dioscuri agli estremi del cancello d'ingresso.
Successivamente, con l'unificazione d'Italia e di conseguenza con il trasferimento della capitale da Torino a Roma, il palazzo perderà la sua funzione di centro del potere, e fu adibito a museo aperto al pubblico.
Nel 1997 purtroppo scoppiò un incendio nel Scalone d'Onore che causò successivamente gravi danni alla struttura, in quanto grandi pezzi di intonaco si staccarono e il legno bagnato durante le operazione di spegnimento del fuoco, che fungeva da cornice ornamentale ai dipinti e agli stucchi, si staccò dalle pareti assumendo una forma ondulata. Anche le tele subirono danni una volta bagnate e solo dopo i restauri lo Scalone poté tornare al suo splendore originale.

Il nome di Porta Palazzo deriva da una delle porte di accesso dell'antica città, dal quale si accedeva a piazza delle erbe. Nel '700 ci furono importanti progetti di rinnovamento urbanistico per costruire quella che divenne piazza d'arme, con la costruzione dell'omonima porta ad opera dello Juvarra. Qui si trova il mercato più importante della città di Torino, nonché il più grande mercato all'aperto dell'Europa. La piazza cambierà nome in "piazza della Repubblica" nel 1946 a seguito della caduta del fascismo e della nascita della repubblica. 

Villa della regina fu costruita alle spalle della Gran Madre, dall'altra parte del fiume Po, per volere del cardinale Maurizio di Savoia nel 1615 come luogo di svaghi e lettura. Fu progettata dall'architetto Vitozzi in stile barocco e successivamente ritoccata dallo Juvarra e dal Castellamonti. Il visitatore accede alla villa, costruita su tre livelli, mediante una terrazza ellittica, alle cui spalle si staglia un giardino scavato nella collina che segue i movimenti del terreno alzandosi e abbassandosi, connettendo le varie sezioni con scale, come ulteriore ornamento alla bellezza della natura, furono collocate delle statue oltre ad alcuni gioghi d'acqua, fra tanta bellezza troviamo in oltre una terrazza belvedere e il teatro delle acque. Il nome attuale dato alla Villa risale a quando in questi alloggi vi soggiornò Anna d'Orleans moglie di Vittorio Emanuele II. I restauri dell'edificio furono iniziati negli anni '90 e ripresi nel '98, i lavori si estesero anche ai giardini; oggi questo complesso è identificato dall'UNESCO come patrimonio dell'Umanità.

Origini del nome della città di Torino 

1-   Gli autoctoni sacrificavano agli idei un Toro, in simbolo di benevolenza e questo accadeva ancora prima della sottomissione all'impero Romano.
2-   Una leggenda Egizia narrava che Eridano, sbarcato sulle coste liguri, si inoltrò nell’entroterra sino ad arrivare nella Pianura Padana (pianura Piemontese), e qui diffuse il culto di Api (il dio Toro), alla morte di Eridano, annegato nel fiume, fu dato in suo onore il nome del defunto al fiume stesso.
3-   La leggenda popolare vuole che un Toro si avventurasse nella foresta e incontrato il drago, che da tempo incuteva timore alla popolazione, lo sconfisse.

Strane Morti

1) Nella Pasqua del 662 d.C. Garipaldo duca di Torino fu assassinato in chiesa durante la funzione religiosa, l’attentatore fu acciuffato e giustiziato sul luogo.
2) Pietro Cambiasi di Ruffia fu uno dei primi inquisitori in Piemonte, il quale nel 1365 fu assassinato da un sicario nel chiostro di San Francesco, secondo fantasie popolari colui che giustiziò l’inquisitore fu satana mediante l’incarnazione di 3 demoni.
3) Macabra fu la moda di sottrarre il cuore al cadavere, in questo caso ai reali, perché la paura di essere sepolti vivi era sempre accesa fra la popolazione, in oltre possedere il cuore di un regale 

 

Ville e Castelli

Il castello di Racconigi si trova nella provincia di Cuneo, lungo la direttrice che porta a Torino. Fu costruito nel XII sec. dai marchesi Saluzzo, per poi passare di proprietà alla casata Savoia, attraverso il ramo dei Carignano.
L'edificio fu abitato dai Savoia sino allo scoppio del secondo conflitto mondiale, il castello fu realizzato in stile Barocco, al suo interno sono ancora conservati molti pezzi dell'arredamento originario, oltre naturalmente alle decorazioni, stucchi, statue, lampadari, pavimenti e quadri. Il complesso è quindi una fotografia dei primi del XX sec. delle abitudini dei reali in quel tempo, tra le varie moltitudine di oggetti che sono presenti ancora in queste stanze, si vuole prestare attenzione anche alla cucina, la quale è stata lasciata in perfetto ordine così come doveva essere al tempo.

Al castello è annesso anche un parco ideato su progetti del francese Andrè Le Notre (colui che realizzò i giardini di Versailles), che comprende anche una serra, un lago, oltre ad un tempietto dorico di Palagio Palagi collocato sulle rive del lago, la dacia russa in onore di Nicola II di Russia in visita alla corte d'Italia e la fagianaia.
La dimora è stata identificata dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità.

La sua struttura originaria medioevale era una "casaforte" munita di torri. Nel XIII Manfredo II Saluzzo decise di riedificare il castello con una pianta quadrata e un cortile interno, protetto da torri angolari e da un fossato.
Nel XIV sec., attraverso i rami della dinastia, la famiglia dei Savoia ne venne in possesso, dapprima con il ramo degli Acaja e in seguito con quelli di Racconigi; la struttura del castello cambiò il suo aspetto nel XVII sec. quando Carlo Emanuele I di Savoia decise di cedere la dimora al figlio Tommaso, il quale era in parentato con i Carignano. Fu il figlio di quest'ultimo, Emanuele Filiberto detto il "muto", ad attuare la prima trasformazione della dimora, affidando all'architetto modenese Guarino Guarini, il quale realizzò la facciata prospiciente al parco, il salone centrale e l'edificazione dell' imponente torrione al centro dell'edificio, culminante con un tetto a pagoda.
Si dovette attendere sino alla metà del '700 per avviare i lavori di completamente del versante meridionale, decisi da Ludovico Luigi Vittorio, il quale ingaggiò Giovan Battista Borra, che eseguì i suoi interventi secondo lo stile neoclassico, tale intervento lo si nota in tutta la sua magnificenza nella facciata rivolta ai cancelli d'ingresso, al quale si accede mediante una scalinata, sormontata da un pronao con timpano triangolare, sorretto da colonne ioniche. In stile neoclassico furono in oltre rivisti gran parte degli arredamenti delle sale, un esempio sono la sala d'Ercole e la sala di Diana.
Gli interventi durante il XIX sec. si devono a Carlo Alberto principe di Carignano, il quale iscrisse nel 1832 tale villa estiva nel registro delle "Reali Villeggiature". Egli diede incarico ad Ernesto Melano di ricavare al primo piano nuovi alloggi per gli ospiti, mentre gli arredi e le decorazioni furono affidate al bolognese Palagio Palagi, in quanto l'intera dimora doveva divenire un ambiente adatto ad ospitare la corte reale. I lavori furono ultimati nel 1842.
Alla morte di Carlo Alberto le visite dei reali furono meno abitudinarie, tanto da essere messa in secondo piano. Si dovette aspettare i primi del '900, con l'ascesa al trono di Vittorio Emanuele III e la consorte Elena di Montenegro, per riaprire i cancelli d'ingresso della sontuosa dimora, nella quale furono installati gli impianti idraulici ed elettrici, fu insidiato un laboratorio fotografico, facendo quindi rinascere l'intera struttura.
Fu in queste stanze che nacque l'ultimo re d'Italia Umberto II nel 1904, il quale come dono di nozze ricevette il palazzo nel 1930, il quale qui insidiò la sua collezione di quadri composta da oltre 3.000 pezzi.
Nel 1909 fu ospitato in queste stanze lo Zar di Russia Nicola II e nel 1918 i genitori della regina Elena. Purtroppo con lo scoppio del primo conflitto mondiale non fu più possibile soggiornare al palazzo di Racconigi, l'ultimo episodio si ricorda per le nozze del 1925 fra Filippo d'Assia e Mafalda di Savoia, quest'ultima morì nel campo di concentramento a Buchenwald.
Nel 1980 lo Stato divenne proprietario sia della dimora, che del parco e promosse una campagna per la restaurazione dell'intero complesso, per essere aperto al pubblico nel 1987.

Il castello di Rivoli si presentava come una roccaforte nel XI sec. a guardia dei nemici, grazie alla sua posizione strategica, data dall’altezza della vetta che domina i piedi della collina. Nel XIV, sulle fondamenta dell'antica roccaforte fu costruita la nuova residenza Sabaudia. La struttura barocca ha un corpo centrale, una maestosa galleria e un giardino terrazzato. La sua posizione comunque non la rese invulnerabile dai vari conflitti che laceravano il territorio, infatti a seguito dell'incursione dei francesi il castello fu dato alle fiamme. I lavori ripresero nuovamente nel 1693 per ripristinare le mura danneggiate e cercare di completare il progetto dello Juvarra, che era assai imperioso, infatti la reggia una volta ultimata poteva competere per prestigio e autorevolezza con le altre corti Europee, ma a seguito dell’invasione Napoleonica, tutto fu poi fermato. Il ripristino dei lavori effettivamente non avvenne mai a causa della situazione negativa dei conti delle casse dei Savoia, questo portò alla decisione nei primi anni dell'800 a vendere il castello al comune di Rivoli, che vi instaurò contingenti di truppe militari, mentre durante la guerra fu occupato dai tedeschi e successivamente fu utilizzato come luogo di prima accoglienza per i rifugiati. La struttura subì il lacerare del tempo e del degrado, sino ad essere poi utilizzata come segheria, negozio di alimentari ed in ultimo in una stalla. Solo nel 1978, a seguito dell'intervento della Regione Piemonte, furono stanziati fondi per il recupero del complesso affidato all’architetto Andrea Bruno. La struttura venne restaurata utilizzando materiali tecnologici e moderni, in tal modo si è creato uno stacco fra la struttura e il restauro stesso. Dal 1984 il castello è divenuto la sede del Museo d’Arte Contemporanea, la cui esposizione è tra le più celebri in Europa; al I e II piano è collocata la mostre d'arte permanente, mentre la galleria al III piano, lunga 140 m, è utilizzata per le mostre temporanee.

La Palazzina di Caccia di Stupinigi fu ceduta a Emanuele Filiberto nel 1563, ma fu Vittorio Amedeo II che commissionò la palazzina a Filippo Juvarra, i cui lavori iniziarono nel 1729. La costruzione si ampliò sempre più grazie ai successori: Carlo Emanuele III e Vittorio Amedeo III, l'opera fu completata sul finire del XVIII sec. Passato il periodo napoleonico nel 1832 le proprietà ritornò alla casata sabauda, ma nel 1919 vennero cedute allo Stato Italiano che a sua volta nel 1925 cedette, compreso il parco, all'ordine Mauriziano.
La pianta della costruzione è a forma di croce di S. Andrea, il suo fulcro è collocato nel salone da ballo di forma ellittica sormontato dalla cupola sulla quale è posto un cervo in bronzo. Questa enorme sala presenta una balconata sulla quale i membri della borghesia potevano partecipare alle danze senza mischiarsi con la nobiltà, era come se partecipassero a uno spettacolo teatrale. Dai bracci collegati al salone si diramano i corpi di fabbrica costruiti per ospitare le stanze private del re e della regina, nonché le stanze dei figli del sovrano e degli ospiti alle battute di caccia. L'edificio si affaccia su di un giardino variopinto adorno di aiuole di diverse forme geometriche, avvolte in un diametro ottagonale in quanto segue l'andamento della palazzina stessa. Gli interni sono in stile rococò, qui si trovano alcuni mobili pregiati di splendida manifattura intagliati da grandi artisti del settore come: Bonzanico, Piffetti e Prinotto, ma anche tappezzerie in seta, specchiere intagliate, camini di marmo e boiseries dipinte. Il complesso comprende una superficie di circa 31.000 metri quadrati, suddiviso in diversi corpi di fabbrica tra di loro comunicanti, comprendono 137 camere e 17 gallerie, senza contare gli edifici dislocati ad di fuori della costruzione per una superficie aggiuntiva di 14.000 metri quadri, la residenza di caccia comprende anche un parco vastissimo alle sue spalle. Qui si svolgevano sfarzose feste di corte, oltre alla celebrazione nel 1773 del matrimonio fra Maria Teresa di Savoia e Filippo conte d'Artois (futuro re di Francia Carlo X). Una curiosità è data dal Cervo posto sulla cupola centrale dell'edificio, questa statua bronzea fu sostituita con una copia, ponendo originale nell'ingresso della biglietteria. 

PIANTA DELLA PALAZZINA DI CACCIA

Una curiosità di questa splendida palazzina è che nell'800 uno strano animale prese il possesso dei giardini: un elefante indiano. questo era un regalato a Carlo Felice che chiamò l'animale con il nome Fritz, il quale visse in questo luogo per qualche anno, successivamente impazzì e per evitare che distruggesse tutto quello che gli si parava davanti, fu deciso di abbatterlo. L'enorme animale fu poi regalato al museo di zoologia che ancora oggi lo espone al pubblico. Nel 1991 il parco divenne: Parco Naturale di Stupinigi il quale si estende su di una superficie di 1700 ettari.
Nel 2004 la Palazzina conobbe anche lei i ladri, furono rubati alcuni pezzi esposti nel museo poi ritrovati nel novembre 2005 in un campo a Villastellone.

Dal 1919 la Palazzina di caccia è la sede del Museo dell'Arte e dell'ammobiliamento, oltre ad esporre mostre temporanee.

Durante il tour guidato potrete ammirare:
L'appartamento di Levante: che fu affrescato interamente da Giovan Battista Alberoni, con motivi a trombe d'oeil, dando quindi all'occhio effetti ottici illusivi, mentre il Pozzo si adoperò per decorare le porte con riferimento alla vegetazione e agli uccelli.

Agli appartamento del re si accede passando per la sala da ballo, la quale presenta una pianta ellittica, in questa sala gli affreschi sono opera dei fratelli Valeriani, i quali utilizzarono come tema centrale il trionfo della dea delle cacce Diana. Alle pareti sono collocate 36 applique con le sembianze di teste di cervo disegnate dallo Juvarra e realizzate dallo scultore Marocco; ad illuminare l'ambiente è il maestoso lampadario, posto al centro del soffitto. Sulle quattro porte di accesso al salone sono posti quattro busti raffiguranti: Cerere, Pomona, Naiade, Napea.
Gli appartamenti della regina hanno un tono più classicheggiante, con le decorazioni delle porte a grottesche, questa elegante soluzione artistica fu opera di Francesco Fariano.
Gli appartamenti di Carlo Felice sono comporti dalla Galleria di Ponente, da un atrio, da due anticamere, per accedere successivamente alle camere da letto e salotti.

La Reggia di Venaria Reale ha finalmente riaperto i suoi cancelli al pubblico con i suoi: giardini, la Reggia Barocca, il Parco de La Mandria e il Borgo Antico. Il complesso della Venaria è stato concepito non solo per rivivere gli sfarzi della corte Sabauda attraverso i racconti della guida turistica, ma per far sì che tale sfarzo sia contemporaneo e questo è stato possibile concependo tutta la macchina dei restauri al fine di elaborare al suo interno eventi, spettacoli, mostre d'Arte e concerti; un nuovo inizio per quella che fu la Versaille dei Savoia. In totale il visitatore potrà ammirare più di 900.000 metri quadri di superficie della Reggia. Il complesso ha in oltre al suo interno inglobato il Centro per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali, uno dei poli più importanti al Mondo.
L'inaugurazione della Veneria Reale fu nell'Estate del 2007, al termine degli imponenti restauri, con l'apertura dei Giardini, celebrata con l'esecuzione delle opere di Giuseppe Penone; mentre nell'Autunno dello stesso anno fu aperta al pubblico la magnifica Reggia, per tale evento fu inaugurata una mostra intitolata " Arti, guerre e magnificenza di una dinastia Europea. I Savoia fra '500 e '700" Per tale evento furono raccolti e reperiti dai musei di tutto il Mondo diversi pezzi: arazzi, dipinti, sculture, mobili e armi.

Nel 1659 iniziarono i lavori della reggia di Venaria sotto il controllo del Castellamonte, per volere del conte Carlo Emanuele II che aveva individuato in questi boschi, nelle vicinanze di Castelvecchio, il luogo ideale per praticare la caccia. Oltre alla realizzazione dei vari corpi di fabbrica, si procedette alla costruzione di un muro di contenimento sotto il quale erano posti i giardini pensili e le fontane che traevano l'acqua dalla peschiera. Nel cortile d'onore fu costruita la fontana del Cervo, ma che ora non c'è più, così come la fontana dell'Ercole posta nei "Giardini a Teatro" collocati dietro alla reggia. Nei giardini era stato costruito un canale navigabile, alla fine di questo canale si giungeva a un laghetto nel quale era posto al centro il tempio della dea della caccia: Diana. L'icona della dea la troviamo un po' ovunque nella reggia, difatti il nucleo centrale del complesso è il salone di Diana. 

REGGIA DI VENARIA REALE DURANTE I LAVORI DI RESTAURO

Tutta la reggia è improntata su di un unico tema: La Caccia, che era lo svago prediletto dai signori, in quanto durante questi momenti non si pensava solo a stanare la preda, ma si parlava, si conversava, si prendevano accordi e alleanze, in fine quando si arrivava al momento culminante della battuta di caccia, i signori stavano solamente a guardare in quanto l'animale veniva prima ferito dai cani, solo inseguito alla morte per dissanguamento, se l'esemplare era un cervo maschio di bella stazza veniva ucciso dal signore o da un suo ospite con un colpo di spada. Oltre alla reggia è presente anche un borgo che inizia con un'esedra e si snoda su di un asse di 2 km, terminante in una piazza quadro vale, ai lati della quale dovevano sorgere due chiese, ma ne fu realizzata solo una, quella dedicata a Santa Maria, mentre quella si S. Eusebio non fu mai terminata e fu usata sin da subito come ricovero e successivamente come ospedale. Al centro della piazza sono poste due colonne sulle quali sono poste due statue: l'Angelo Annunziante Gabriele e la Vergine dell'Annunciazione, queste due figure danno il nome alla piazza: Piazza dell'Annunziata. Il progetto di questo grande complesso architettonico piacque molto all'allora re di Francia Luigi XIV (re Sole), che prese spunto per la costruzione della reggia Versailles.

Il complesso fu costruito in quattro tempi diversi, successivamente all'opera di Castellamonti, nel 1693 a seguito della decisione da parte del duca Amedeo II figlio di Carlo Emanuele II di sciogliere l'alleanza con il re di Francia, il quale decise di fargliela pagare, inviando le sue truppe nei territori Sabaudi, le quali arrecarono danni e saccheggi in tutta la regione e nemmeno il palazzo ne fu indenne, infatti furono arrecati gravi danni alla grandiosa opera, questo portò alla realizzazione di un nuovo complesso di lavori che iniziarono nel 1699 e terminarono nel 1713 sotto le direttive del Garove, che progetto due padiglioni alla francese e al centro costruì una galleria. Nel 1714 fu lo Juvarra a prendere in mano le redini del cantiere costruendo al chiesa di S. Uberto con cupola a lanternino, anche se questo particolare è molto scherzoso dato che la cupola a lanternino non è stata fabbricata, ma comunque all'interno della chiesa si può mirare, alzando lo sguardo, la cupola. Filippo Juvarra collocò a sud est le zone di servizio per la caccia, sopraelevò la galleria di Diana e vi aprì grandi finestre ai lati, mentre quelle precedenti, poste in alto verso il soffitto, furono racchiuse in una cornice creando un gioco di luci che inizia non appena il sole sorgere, sino a quando la stessa fonte di luce non si spegne al calare delle tenebre. Dopo la morte dello Juvarra subentrò l'Alfieri che proseguì i lavori, si agganciò al torrione costruendo la torre "Bel Vedere", oltre alla realizzazione di due maniche per le scuderie. Fra il 1754 e il 1755 fu costruita la galleria che collega la chiesa con la Citroniera, mentre nel 1757 fu costruita la rimessa per le carrozze. I lavori terminarono nel 1798, anno in cui Napoleone irruppe in Italia.

questa reggia racchiude anche un grande amore, quello fra Vittorio Emanuele e la bella Rosa Vercellana. Questo amore era nascosto, in quanto il re era già sposato, pertanto i loro incontri avvenivano presso il borgo della Mandria (fu chiamato così in quanto in tempi precedenti alla realizzazione del borgo qui vi erano gli allevamenti di cavalli purosangue) collocato oltre i giardini della reggia. A seguito della morte della moglie, il re prenderà in sposa Vercellana elevandola al rango di contessa.

Dopo anni di abbandono e al superamento delle razzie e atti di distruzione avvenute durante la guerra agli inizi del '900, i restauri portarono alla luce lo splendore della residenza, il cantiere fu identificato come uno fra i più grandi in tutta Europa. Sono stati restaurati marmi, stucchi, infissi, solai, finestre; oltre alla realizzazione di una rete fognaria e di riscaldamento a terra. La reggia è a tutt'oggi visitabile tramite un percorso guidato effettuato da un gruppo di volontari. Sono state destinate le scuderie a sede del Centro Conservazioni e Restauro, oltre a una scuola professionale di restauro, collegate fra loro dalla cavallerizza sede nella quale sono stati impiantati i laboratori. Anche il parco è stato rivalutato, cercando di ricreare i boschetti e prati che ruotavano attorno all'Allea (il canale delle acque), divenendo così un centro ricreativo e di manifestazioni floreali, spettacoli e musica. Il restauro del Borgo del castello della Mandria fu ideato per farvi sorgere un albergo, un centro per esposizioni temporanee, una biblioteca, una sala per conferenze, ristoranti, un mercato ed in fine un museo. La cascina Rubbianetta collocata a Ovest del Borgo del castello oggi è sede del Centro del cavallo, dove si svolgono attività didattiche, teoriche e pratiche, dove si può anche assistere a manifestazioni equine, con annessa una foresteria che ospita fino a 30 persone.

PIANTA DELLA REGGIA DI VENARIA REALE
MAPPA DEL BORGO DELLA MANDRIA

La Galleria Sabauda è una fra le pinacoteche più importanti d'Italia, fu istituita nel 1832 a Palazzo Madama per volontà di Carlo Alberto e fu ceduta nel 1860 allo stato. Le origini delle opere artistiche raccolte dai Savoia risalgono al XV sec, il primo catalogo effettivo di tutte le opere private della casata risale al 1631. L'opera era composta all'inizio da 365 pezzi provenienti da palazzo Reale, Palazzo Carignano e Palazzo Durazzo di Genova. Nel 1848 a seguito dell'insediamento a Palazzo Madama del Senato la galleria si dovette trasferire in un altra sede; il direttore del tempo Massimo d'Azeglio trovò la sistemazione nel Palazzo dell'Accademia delle Scienze. I quadri furono riorganizzati e catalogati per periodo e scuole pittoriche. Nel tempo la Galleria Sabauda ha conosciuto un incremento delle opere cedute mediante donazioni arrivando a censire ben 700 pezzi. Nella galleria sono esposte opere di scuola Piemontese del XIV e XVI sec., Italiana dal XIV e XVI sec., pittura Fiamminga e Olandese e le collezioni del principe Eugenio di Savoia-Soissons, oltre alle opere dinastiche provenienti dalle collezioni private di Vittorio Amedeo I e II, Carlo Emanuele II e Carlo Felice. La Galleria ospita al primo piano le scuole pittoriche piemontesi (Martino Spanzotti, Defendente Ferrari, Macrino d’Alba, Pietro Grammorseo, Gaudenzio Ferrari, Bernardino Lanino e Ottaviano Cane) e la scuola Italiana (Beato Angelico, Pollaiolo, Filippino Lippi, Bronzino, Bergognone, Schiavone, Bellini, Savoldo), oltre alla scuola Fiamminga e Olandese (Petrus Christus, Van Eyck, Memling, Rembrandt, Gerard Dou, Van Dyck, van der Werff, Jan Brueghel de Velours, Teniers, Jan Griffier). Il secondo piano è diviso in tre sezioni: la prima raccoglie opere Fiamminghe possedute da Emanuele Filiberto a Carlo Emanuele I (Van der Weyden), Venete (Bassano, Veronese), e dipinti riconducibili al manierismo internazionale (Caracca, Tempesta, Moncalvo, Bronzino, Guercino, Gentileschi), da non dimenticare i Lombardi (Cerano e Morazzone) e i Caravaggeschi (Terbrugghen, Valentin, Vignon e Niccolò Musso). Nel secondo settore si trovano le opere che un tempo erano di proprietà del cardinal Maurizio di Savoia (Albani, Reni, Domenichino), oltre alle opere donate da Madama Reale Cristina di Francia vedova di Vittorio Amedeo I (Francesco Cairo, Dauphin, Guercino). L'ultimo e terzo settore raggruppa le opere commissionate da carlo Emanuele III a Carlo Felice.

La Mole Antonelliana fu costruita fra il 1862 e il 1889 dall'architetto Alessandro Antonelli, avrebbe dovuto essere un tempio ebraico, infatti i lavori fecero seguito alla concessione della libertà di culto alle religioni non cattoliche appena promulgata. Il progetto originario prevedeva oltre alla costruzione di un luogo religioso anche di un ambiente dove istruire i propri figli. La struttura doveva essere alta non più di 47 m, ma l'architetto premette per una costruzione esemplare e unica, questo fece sì che i tempi di costruzione si prolungassero provocando anche un aumento dei costi, tutto questo non fu gradito dalla comunità ebraica, che fece terminare la costruzione sull'immediato con un tetto provvisorio (1869), successivamente si patteggiò con l'amministrazione la quale si prese l'incarico di ultimare la costruzione, dando alla comunità ebraica un nuovo terreno dove edificare il loro tempio. L'architetto Antonelli poté quindi tornare alla sua opera apportando nuove modifiche al progetto sino ad arrivare a compimento così come oggi la possiamo ammirare, al tempo fu anche l'edificio più alto d'Europa (fu dedicata a Vittorio Emanuele II), ma portare a termine questo estenuante progetto non fu facile, in quanto presentava grossi problemi di stabilità dovuti sia al terreno poco adatto alla costruzione, sia al fatto che la base dell'edificio non era stata progettata per sorreggere una tale costruzione imperiosa. Purtroppo Antonelli non poté vedere la sua opera terminata, sarà il figlio Costanzo a proseguire il sogno del padre. Anche a fine lavori la costruzione dovette subire le furie degli eventi fatui, così come accadde agli inizi del '900, quando in un nubifragio il genio alato posto sulla sommità della cupola cadde rovinosamente e fu sostituito da una stella, tuttavia il genio ora si trova all'interno della stessa Mole. La struttura ospita attualmente il museo dedicato alla storia e alle tecniche del cinema. Con l’aiuto di un ascensore si può salire sino alla cima della cupola, dalla quale si ammira il panorama su tutta la città, oltre che le imponenti Alpi che la circondano. Il museo nacque con Maria Adriana Prolo, la quale nel 1941 aveva costituito una raccolta di foto di scena e di pellicole, ma anche lanterne magiche e apparecchi di proiezione. 

La Mole Antonelliana di Torino
PIANTA MOLE ANTONELLIANA

Nel ’58 il museo fu instaurato presso Palazzo Chiablese, ma nel ’83 l’edificio fu chiuso per incompatibilità con le norme di sicurezza. Solo nel 2000 fu identificato un edificio adeguato all’esposizione del materiale accumulato: la Mole Antonelliana, che è anche il simbolo della città di Torino. Al suo interno è collocata una cineteca con oltre 7.000 film, 200 lanterne magiche, più di 125.000 fotografie, una raccolta di circa 20.000 volumi. Tutto l’allestimento fu progettato da François Confino, che utilizzò i 3000 metri quadri a sua disposizione progettando un percorso espositivo dislocato su 5 livelli. Le aree tematiche trattate sono tre: Archeologia del cinema, dove sono collocate le prime apparecchiature come la lanterna magica e il cinescopio, in successione è posta l’area del cinema formata da un percorso che illustra le sceneggiature, i fotogrammi e i video, sino ad arrivare all’ultima aree: l’Aula del tempio, sita nel centro dell’edificio, nella quale è stata collocata una sala cinematografica, circondata da 10 nicchie dedicate alle varie tipologie di film, horror, umoristico, fantascientifico ecc... Sulla cupola è invece collocata una scultura, opera di Mario Merz, che rappresenta la sequenza matematica di Fibonacci.

Il fondatore di questo museo fu Pietro Accorsi, nato a Torino nel 1891, il quale nel 1935 entrerò in possesso del "Ritratto d'uomo" di Antonello da Messina. Pietro Accorsi trasferì tutti i tesori in una residenza sulle colline della città, dove collocò sia le opere d'arte, che i mobili del '700. Il Palazzo della Fondazione si trova in Via Po al numero civico 55, costruito nel '600 ad opera del Castellamonte, l'edificio dalla metà del '700 fu di proprietà dell'ordine Mauriziano e il padre di Accorsi ne fu nominato portinaio nel 1901. Successivamente, a seguito della sua carriera di antiquario, riuscì a prendere in affitto qualche stanza per le sue opere e creare la sua galleria espositiva, fino al 1956 quando l'intero stabile fu di sua proprietà, dove ancora oggi risiede il Museo delle Arti Decorative. I mobili , gli arazzi e i tappeti esposti nelle 26 stanze sono di varie epoche e stili, l'asse temporale parte dal Medioevo sino al Rinascimento, tutti rigorosamente inseriti in un contesto "da vivere la casa".

Il Museo Egizio è dedicato espressamente alla cultura Egizia, a questa realizzazione partecipò in oltre il grande studioso di geroglifici Jean François Champollion, colui che scrisse: "La strada per Menfi e Tebe passa da Torino". Il museo ha nel complesso un numero vasto di reperti, tanto da guadagnarsi il titolo di secondo museo al mondo di egittologia dopo quello del Cairo. Gli albori della formazione del Museo si hanno nel 1724, quando Vittorio Emanuele di Savoia fonda il Museo della Regia Università di Torino, presso il palazzo dell'Università in via Po, ma fu fondato solo nel 1824 da re Carlo Felice a seguito dell'acquisizione della collezione di reperti egizi di Bernardino Drovetti, la quale era composta da 5628 pezzi fra i quali spiccavano: statue, papiri, mummie, bronzi, amuleti ecc... Si succedettero vari direttori, ma colui che diede maggior apporto al museo fu: Ernesto Schiaparelli, il quale organizzò anche scavi in Egitto. Attualmente nelle sale sono esposti 6500 pezzi, ma nei magazzini sono in giacenza più di 26000 pezzi, che non sono esposti per un carattere puramente di conservazione, mentre altri sono trattenuti per studi scientifici. Il palazzo che originariamente era dei gesuiti, costruito da Guarino Guarini, fu adibito a Museo nel 1832 e a tutt'oggi ne è la sede. Il 6 Ottobre 2004 il ministero dei beni culturali concede la collezione in uso per trent'anni alla fondazione "Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino" di cui fa parte la regione, la provincia, la città, la Compagnia di San Paola e la CRT. La fondazione ha sede nel medesimo palazzo delle Scienze nel quale è posta la collezione del museo egizio.

Il Museo delle Antichità è allestito nelle ex serre ristrutturate di Palazzo Reale, qui sono custoditi reperti archeologici dall'epoca preistorica sino alla tarda romanità e all'età barbarica.
Il Museo dell'Antichità, oltre all'importanza e all'abbondanza dei reperti che ospita, è un interessante esempio di architettura moderna ipogea. Progettato da Gabetti e Isola, lo studio di architettura più noto di Torino, il museo è ricavato al di sotto dei Giardini del Palazzo Reale ed è uno spazio pieno di fascino che merita di essere visto anche anche solo per la sua architettura.
Il museo prende vita dalle collezioni dei Duchi di Savoia, iniziate da Emanuele Filiberto, il primo nucleo del Museo  con il tempo si è arricchito: oggi il suo patrimonio conta reperti che vanno dalle sculture  e ceramiche greco-romane, dai materiali etruschi e ciprioti a manufatti preistorici.

Il teatro Regio fu commissionato da Carlo Emanuele III allarchitetto Juvarra, in quanto si voleva trasformare Torino in una capitale che potesse essere presa a modello anche nelle corti Europee. Il teatro fu inaugurato il 26 Dicembre 1740. Uno dei tanti spettatori fu Napoleone e il nome del teatro cambiò in: Teatre Impèrial. Napoleone in oltre ordinò che il teatro fosse aperto solo quando c'era lui in alternativa doveva restare chiuso. Fra le maggiori interpreti del teatro dell'800 troviamo la spagnola Isabella Colbran, che fu una stella del teatro torinese. Con la decadenza della potenza napoleonica, a Torino tornarono i Savoia e il teatro ebbe una ventata di freschezza neoclassica, grazie a Carlo Alberto, che affidò le migliorie all'architetto Ernesto Melano e al pittore Pelagio Palagi. Nel 1870 il teatro divenne di proprietà comunale; sul finire dell'800 passeranno sul palcoscenico grandi autori come Toscanini e Puccini. Il teatro è formato da 8 piani di cui 4 sotterranei che raggiungono una profondità di 12,5 m, mentre dal suolo si erge per 32 m; le attrezzature e gli elementi di scena sono tecnologicamente all'avanguardia per far fronte all'aumento della produzione teatrale, questo lo pone ai vertici interinazioni. La sala ha una forma ellissoidale contenente 1394 poltrone ed è illuminata da un lampadario formato da 1762 steli in cristallo che danno l'impressione di passare sotto a una stalattite di ghiaccio. Il teatro dopo il suo incendio agli inizi del '900, ricominciò la sua attività negli anni '70, e all'inaugurazione fu mandata in scena "I Vespri siciliani" di Giuseppe Verdi, per la regia di Maria Callas e Giuseppe di Stefano.

Alcune proposte per visitare la città di Torino:

PASSEGGIATA LUNGO IL FIUME PO
PIAZZA SAN CARLO
PASSEGGIATA PER TORINO
QUADRILATERO ROMANO
NEL CUORE DI TORINO
PIAZZA SAN CARLO DI TORINO
PIAZZA SAN CARLO DI TORINO

L'attuale via Roma nasce da un progetto di allargamento della città di Torino nel '600, su volere di Emanuele Filiberto, il quale identificò la città come la nuova capitale per il regno Sabaudo. Il progetto della costruzione di una contrada fu affidato al Castellamonte e ad Ercole Negri,  la via diparte da piazza S. Carlo prolungandosi fino alle mura della città, arrivando sino alla residenza di Miraflores. Nel '700 Vittorio Amedeo II incaricò lo Juvarra di progettare la facciata della chiesa di S. Cristina in piazza S. Carlo, mentre l'Alfieri dovette rinforzare le colonne del porticato della medesima piazza, che successivamente divenne il "salotto" della Torino "bene", la quale fu anche paragonata a Place Vendome di Parigi. Nell'800 fu realizzata la chiesa gemella in piazza S. Carlo, nella medesima piazza fu poi annesso nel 1838 la statua equestre ad immagine del duca sabaudo Emanuele Filiberto vittorioso della battaglia di S. Quintino. Nel 1865 fu aperta la stazione Porta Nuova e realizzata Piazza Carlo Felice che si collocano in fondo alla via. Durante il regime fascista, l'architetto Piacentini nel 1937 terminò i lavori di "Via Roma", la quale si estendeva per 750 m con annessi i portici.