RACCONTI DI FIRENZE

Regione Toscana / Firenze


Firenze Raccontata nella Storia


Leopoldo d'Asburgo Lorena

Leopoldo d’Asburgo Lorena scrisse una lettera al figlio, nella quale raccontava di come poter governare il popolo toscano e descriveva le virtù e i punti di debolezza della stessa popolazione. Inizia il suo racconto dicendo che il popolo della Toscana è diviso in due fronti: quello basso, docile e di buona volontà e in controparte una macchia scura sul bianco, in quanto di questa fanno parte i violenti e i truffatori. Il popolo è in parte ingegnoso e industrioso, mentre la nobiltà è oziosa e ignorante, la quale si accaparra il diritto di trattar male i ceti sottostanti e di non pagare i manufatti acquistati. Tuttavia quando Leopoldo parla della nobiltà la reputa anche corrotta a tal punto che quest’ultima cerca di eliminare il suo rivale attraverso corrispondenze fasulle, addirittura cerca agganci con soggetti fuori dai confini della penisola, pur di raggiungere il suo scopo. Di conseguenza il Granduca lancia un avvertimento al figlio, ossia quello di guardarsi le spalle da queste persone in quanto sono tendenziosi e interpretano a loro modo le parole dette. Il ceto medio, composto da dottori e procuratori, è il più colto, questi persone sono ottimi impiegati da poter assumere per le cariche pubbliche; da parte loro sono nemici della nobiltà e di tutto quello che non è del loro paese, tuttavia anche qui risiede un nucleo maligno ma è piccola cosa e limitato, ma questa forza negativa non si rivolge mai contro il governo, ma solo verso la nobiltà. La classe degli avvocati è quella della quale bisogna scegliere i giudici, soprattutto quelli che hanno compiuto i loro studi presso le università di Roma. I procuratori sono una classe dalla quale bisogna guardarsene, dato che sono bravi nel creare situazioni a loro favore e a tal fine prolungano anche le cause e il governo deve quindi cercare di moderarli.


François de Sale

Anche lui parla da forestiero e racconta della città e delle attrazioni che questa offre come: il teatro, la commedia e l’opera buffa. Si lascia andare in considerazioni sui protagonisti della scena teatrale e di coloro che assistono a queste opere, traendo conclusioni pessime su entrambe i fronti in quanto le opere non sono di qualità e gli spettatori non sono intenzionati a gustarsi l’opera stessa, ma più che altro ai fatti loro. Elogia il controllo della città, in quanto Firenze è ben sorvegliata dalle forze dell’ordine, tuttavia non è ben illuminata e il lastricato della pavimentazione non ha una costante manutenzione, questo crea inconvenienti a chi cammina per le strade in quanto si trova a dover schivare grosse buche poste lungo il cammino.

Hippolyte Taine 1864

Il filosofo arrivato a Firenze descrivendo la città come un insieme di bellezza e gaiezza. Trascorre il suo tempo in piacevoli passeggiate, che lo portano ad ammirare lo stile rinascimentale degli edifici, i quali con questa nuova architettura si erano squassati di dosso quella gotica, lasciandone solo qualche vaga traccia.

Bruno Barilli

Descrive la città come una selva dantesca costruita in verticale, una città dove tutto è catalogato e selezionato, pur non nascondendo la sua grazia, la quale rende Firenze così unica. Descrive i fiorentini come gente d’arte e cultura, dalle menti acute.


Goethe 1740


L’autore fa una descrizione sulla città di Firenze e di come si presenta ai suoi occhi e ai forestieri. Visita il palazzo del Granduca, dove ammira lo sfarzoso mobilio, la tappezzeria, gli ornamenti e le opere d’arte dei più celebri artisti. Si recò al Giardino dei Boboli nel quale fu realizzata una strada appositamente per le carrozze, con la quale percorrere le distese verdi, ammirando gli animali allevati in cattività, le statue ornamentali e le grandiose fontane. Uscito dalla reggia si reca alla Galleria Ducale, alla chiesa di S. Croce e visita le tombe in essa racchiuse. Il suo tour sembra quasi magico mentre racconta il trascorrere delle sue giornate in questa grandiosa città.